Dicono tutti che servono medici. Ma poi l’università riduce i posti

Il caso Pubblicati dal ministero i decreti per il prossimo anno accademico - Ci saranno 529 matricole in meno. La reazione dei camici bianchi: «Allibiti»

Meno posti per la laurea in Medicina rispetto a prima della pandemia.

Mentre si parla di togliere il numero chiuso dalla facoltà di medicina e chirurgia per far fronte alla grave carenza di camici bianchi, mentre il governo chiede ai pediatri e ai medici di famiglia di restare in servizio fino a 72 anni, diminuiscono gli spazi offerti alle matricole per frequentare il corso di laurea.

Sono appena stati pubblicati dal Ministero i decreti provvisori per il prossimo anno accademico, a livello nazionale i posti in medicina sono 529 in meno rispetto all’anno in corso. In totale sono previsti 14.211 posti rispetto agli attuali 14.740. Se si guarda alle singole università per il territorio di Varese e Como il calo, pur lieve, prosegue da qualche anno. Certamente da prima della pandemia. Un periodo che come sappiamo ha messo bene in evidenza le debolezze di un sistema sanitario che sconta il vuoto di professionisti.

Nel 2018 e 2019 i posti messi a bando per medicina all’Insubria erano 169 più uno dedicato all’utenza straniera, si è passati quindi a 154 posti più uno nell’anno accademico 2021 e 2022 per poi scendere agli attuali 149 posti più uno, sempre per le domande dall’estero. Sono in un triennio venti posti in meno. Non è una discesa eclatante, ma per le nostre province corrispondono al 12% in meno.

È difficile così pensare di invertire la tendenza e formare più medici. «In effetti suona paradossale - commenta Massimo Monti, segretario provinciale della Federazione dei medici di medicina generale – ha poco senso. Detto che la nostra posizione è sempre stata a favore del numero chiuso, per evitare che le maglie si aprano completamente. Meglio fare una corretta programmazione».

Il numero chiuso per accedere alla laurea in medicina è un tema dibattuto. I medici lo difendono, mentre il suo nuovo corso politico dell’attuale esecutivo sembra almeno intenzionato ad allentarlo. «In ospedale siamo rimasti allibiti, ci aspettavamo un aumento dei posti, non certo un calo – commenta Riccardo Bertoletti, direttore sanitario del Valduce – così non si fa fronte nemmeno ai prossimi pensionamenti».

«Noi siamo a favore del numero chiuso, con una giusta programmazione – dice Federico Ruoli, giovane rappresentante per la Lombardia di Federspecializzandi – ma negli ultimi anni sono aumentate molto le borse di specialità, senza però avere abbastanza matricole iscritte alle facoltà. Così tante borse sono andate deserte, almeno quelle per le specialità meno ambite, come l’emergenza urgenza».

Per il prossimo anno comunque il test d’accesso alla facoltà di medicina non sarà più unico, le sessioni saranno due. «Il vero problema è che i nuovi medici vanno nel privato o in Svizzera – Alberto Passi, presidente della scuola di medicina dell’università dell’Insubria – i medici ci sono, ma non stanno più nel pubblico. Al nostro ateneo vengono assegnati i posti anche in base alla capienza delle aule e tenendo conto del vincolo sul numero dei professori».

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