Il giudice e la tangentopoli sul fisco
«A Como corruzione sistematica»

L’inchiesta destinata ad allargarsi ancora: coinvolti numerosi imprenditori e professionisti

La nostra città, per anni, è stata teatro di una «corruzione sistematica» nell’ambito dei rapporti tra imprese e fisco. A scriverlo, nero su bianco, non è un grafomane da social o un avventato commentatore, bensì il giudice che - nelle scorse settimane - ha concesso i domiciliari al dirigente del settore legale dell’Agenzia delle entrate, Stefano La Verde, e negato per contro il ritorno a casa ai commercialisti Antonio e Stefano Pennestrì.

Nel suo provvedimento il giudice Maria Luisa Lo Gatto parla espressamente di «corruzione sistematica» e lo scrive sulla base di quanto sta portando a galla l’inchiesta condotta dal nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Como e coordinata dal sostituto procuratore Pasquale Addesso.

Gli arresti del giugno scorso, quando in cella sono finiti i due Pennestrì, il capo ufficio legale dell’ufficio del fisco e l’ex direttore dell’Agenzia delle entrate Roberto Leoni, hanno rappresentato il classico coperchio sul vaso di Pandora. Tolto quello, ciò che sta emergendo nelle carte raccolte dalle fiamme gialle pare essere un giro ben più ampio di tangenti, che coinvolgerebbe anche altri imprenditori rispetto a quelli finora finiti sotto inchiesta, ulteriori professionisti e pure pubblici ufficiali.

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