Insubria, il 90% dei laureati trova lavoro
Ma l’ateneo non attrae ragazzi da fuori

AlmaLaurea promuove l’università: occupazione in cinque anni per nove su dieci - I risultati superiori alla media nazionale. Il rettore: «Premia l’ottimo rapporto con i docenti»

L’Insubria sorride. Ieri, è stato pubblicato il ventunesimo rapporto sul profilo e sulla condizione occupazionale elaborato dal consorzio interuniversitario AlmaLaurea. Per il giovane ateneo, i risultati sono soddisfacenti.

Due esempi: un anno dopo la laurea, la percentuale di occupazione degli studenti è superiore al 76, sette punti in più rispetto all’Italia (si arriva al novanta dopo cinque anni). Invece, considerati gli stipendi, dodici mesi dopo la tesi siamo a 1443 euro, in salita fino a 1713 dopo sessanta mesi: rispettivamente duecento e trecento euro circa sopra i risultati riscontrati lungo la penisola. Piuttosto alta anche la considerazione sull’efficacia della laurea per il lavoro svolto, superiore al 63 per cento.

Cifre lusinghiere anche per chi si è fermato alla triennale: il tasso di occupazione, 82,2 per cento, è dieci punti sopra la media. Anche in questo caso, la retribuzione è duecento euro in più rispetto ai colleghi laureati in altre realtà. Buone notizie anche su altri fronti: sei insubrici su dieci sono in corso e si laureano prima degli altri (60,6 tra i triennali e il 74,8 tra i magistrali biennali), sebbene il voto finale sia più basso alla media nazionale. Si conferma però il bacino di utenza quasi esclusivamente lombardo del giovane ateneo: solo il 4,8 per cento proviene infatti da fuori regione (in Italia siamo al 22,7).

Un altro dato curioso riguarda la scuola superiore di provenienza: “solo” sei su dieci arrivano dai licei: la quota nazionale invece è al 76,9. In percentuale, invece, gli alunni in arrivo dai tecnici sono più numerosi che nelle altre università. Bassa, come in tutta la penisola, la quota d’iscritti stranieri. Per quanto riguarda, invece, i tirocini curriculari, lo studio all’estero e il lavoro durante l’università, la percentuale dei primi è superiore di poco a quella italiana (e in crescita rispetto allo scorso anno), idem per la seconda categoria. Sette iscritti su dieci, invece, lavorano durante gli anni accademici.

Inoltre, quasi nove ragazzi su dieci sono soddisfatti del rapporto con i docenti, l’86,9 ritiene adeguato il carico di studi, il 78,1 dei fruitori pensa siano adeguate le aule. A livello complessivo, il 91,1 si dichiara soddisfatto dell’esperienza. Infine, quasi sette su dieci se tornassero indietro, s’iscriverebbero di nuovo. «Anche quest’anno ci distinguiamo per la percentuale di laureati in corso - commenta il rettore Angelo Tagliabue - segno che l’esperienza che vivono nel nostro ateneo è positiva, basata su un ottimo rapporto con i docenti oltre che su un ottimo insegnamento. E questo, insieme alle collaborazioni che l’ateneo mette in campo con la realtà sociale e produttiva del territorio, è uno dei fattori che permette i nostri laureati di trovare lavoro con più facilità che nel resto d’Italia».

Le indagini hanno analizzato 75 università aderenti al consorzio. Il rapporto di AlmaLaurea ha coinvolto 1.764 laureati dell’Insubria (di cui 1.308 di primo livello, 210 magistrali biennali e 241 a ciclo unico). Il lavoro sulla condizione occupazionale ha riguardato 2.470 insubrici. I dati si concentrano sull’analisi delle performance dei laureati di primo e di secondo livello usciti nel 2017 e intervistati a un anno dal titolo e su quelle dei laureati di secondo livello usciti nel 2013 e intervistati dopo cinque anni.

© RIPRODUZIONE RISERVATA