«Io, straniera in patria
Un giorno sarò italiana»

Nata in Germania da mamma russa e padre Tamil, cresciuta a Como, Nalini è la protagonista del film “Per amore di Zoe”. Domani alle 21 la proiezione al Gloria

L’odore del mare di Sicilia. Il primo ricordo di Nalini ha il sapore dell’Italia. Anche se questa diciottenne dal sorriso solare ama definirsi «cittadina del mondo», tutto in lei è italiano doc: amici, studi, lavoro, lingua, passione politica, impegno nel volontariato, sogni, passato, futuro e presente. Tutto tranne una cosa: il passaporto. «Cos’è cittadinanza? Ne abbiamo parlato spesso anche a scuola - riflette - E credo che dipenda molto da dove si è cresciuti, dai modelli culturali di riferimento. Ma è anche una questione più personale: a quale Paese ti senti di appartenere? Io a questa domanda mi sono data una risposta...».

Il primo ricordo

Nata in Germania da mamma russa e papà dello Sri Lanka - etnia Tamil - Nalini Gopitharan a 8 mesi si è trasferita con la famiglia a Palermo e, dall’età di 5 anni, Como è la sua casa.

«Il mio primo ricordo è il mare di Palermo. Non tanto le immagini, quanto il suo odore e il senso di benessere. Sensazione che ho riprovato quando, lo scorso anno, ci sono tornata per le riprese del film». Il film in questione è “Per amore di Zoe”, un documentario realizzato dal regista comasco Dario Tognocchi e che, tra una settimana esatta - martedì 18 alle 20.45 - Diogene avrà il piacere di presentare allo Spazio Gloria. La protagonista del film è proprio Nalini, che assieme alle sue compagne del liceo Teresa Ciceri di Como decide, in occasione di un compito di filosofia, di affrontare e raccontare attraverso la fotografia la condizione che accomuna tutte le ragazze del documentario: italiane senza cittadinanza.

«Quando mi hanno proposto di girare il film - ricorda Nalini - stavo attraversando un periodo strano, in cui non combinavo molto nella vita. Quindi mi sono detta: ci provo. E mi sono buttata. Non credevo che venisse così: Dario è stato bravo a rappresentare tutte noi e a cogliere la nostra umanità, senza soffermarsi solo alla sofferenza» che, inevitabilmente, si prova a essere italiane senza esserlo anche all’anagrafe.

Nalini, ad esempio, è cittadina cingalese: «Ma in Sri Lanka - sottolinea - ci sono stata due volte soltanto. La prima per tre mesi, nel 2013. Poi pochi giorni per un giro turistico». A parte questo, di Tamil la giovane ha soltanto il nome: «Mia zia si chiamava Nalini. È stata assassinata durante la guerra civile in Sri Lanka» terminata neppure dieci anni fa. «Quando nel 2013 ci sono andata per la prima volta, ho trovato un Paese martoriato e poverissimo. È stata un’esperienza che mi ha formato». Oggi Nalini vive a Como con suo fratello Nasan, studente universitario: «Io ho lasciato la scuola - dice - Spero di tornarci. Per ora lavoro part-time, anche perché dobbiamo mantenerci».

Nonostante Nalini abbia compiuto 18 anni, per lei la cittadinanza italiana è una chimera: «Fossi nata in Italia, potrei far richiesta. Ma sono nata in Germania e non ho i requisiti. Ho fatto due calcoli e penso che, se tutto va bene, forse diventerò italiana a 40 anni». Ride, scegliendo di sciogliere le difficoltà di non avere la cittadinanza nell’ironia. Ma di ostacoli, nell’essere un’immigrata «pur avendo vissuto qui oltre 17 anni», ce ne sono e molti.

Ostacoli burocratici

«Ogni due anni devo richiedere il permesso di soggiorno. Oltre a essere un costo, che per me e mio fratello non è così irrilevante, la procedura è lentissima e lunga. Senza contare che ti senti sempre un ospite».

A scuola questa differenza non è mai stata un ostacolo: «Ciò che è diverso ci spaventa, ma fortunatamente la scuola è unificante. Tra ragazzi non ci si respinge perché siamo cresciuti assieme». Eppure, nel dibattere sull’immigrazione «sono emerse opinioni discordanti. Ma tutti, chi più chi meno, hanno dimostrato una grande capacità di ascolto. Anche se ho notato che c’è più apertura e disponibilità verso i migranti di seconda generazione, che quelli di prima».

Nel film Nalini ha la passione per la fotografia: «Forse è l’unica forzatura - precisa - anche se le riprese mi hanno fatto venire voglia di avvicinarmi alla fotografia». E il sogno del futuro? «Mi piacerebbe fare l’antropologa (ride). Con mio fratello siamo abituati alla diversità, anzi le diversità ci affascinano perché sono ricchezza e perché ci aiutano a comprendere meno chi sia l’essere umano. È un piccolo sogno: zaino in spalla tra le tribù del mondo. Chissà, magari si realizzerà».

Resta una risposta in sospeso: a quale Paese sente di appartenere Nalini? «All’Italia. In tutto e per tutto».

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