«La nostra casetta distrutta
Ora abitiamo in una tenda»

Da qualche settimana fuori dal cimitero di Monte Olimpino vivono Moustapha e la compagna, vittime di un atto crudele e inspiegabile

C’era una casetta nel bosco, su oltre il muro di cinta del cimitero, oltre i cipressi, sul sentiero che scavalca la bocca del tunnel dell’autostrada: «Ce l’aveva regalata una signora calabrese tanto tempo fa», racconta Moustapha, 58 anni, un passato remoto come operaio in una imprecisata fonderia di Varese, poi qualche lavoretto al mercato coperto, anni di questua all’incrocio “del pino” e un presente di miseria nera.

La casetta è andata completamente distrutta in un incendio appiccato il mese scorso all’unico scopo di fare del male, incomprensibilmente, sia a Moustapha sia alla donna che da vent’anni vive con lui, una signora sessantenne di origine polacca che a Monte Olimpino conoscono tutti, ma tutti per davvero, e che tanto bene non sta. L’anno scorso ha subito un intervento al Valduce e ancora non s’è ripresa.

Da quando una minuscola tenda piantata a ridosso del muro del cimitero è diventata la loro nuova casa, qui è un discreto viavai di gente che regala qualche spicciolo, porta una fetta di torta, qualche mela o una trapunta pulita, mentre Moustapha si cimenta con lavoretti saltuari tra le tombe, cambia l’acqua ai fiori, sostituisce quelli vecchi, strappa le erbacce e si prende cura delle anime dei morti.

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