La pandemia riprende a correre
Coronavirus a Como, 139 nuovi contagi

Brusca impennata del numero dei test positivi - Una chiave di lettura: l’aumento dei tamponi nelle Rsa, diminuisce comunque la pressione sugli ospedali

C’è una brusca impennata nel numero dei tamponi positivi in provincia. Nel giro di 24 ore, 139 comaschi hanno scoperto di essere affetti da coronavirus. Si tratta di un numero che non si era mai registrato dall’inizio dell’emergenza e dall’inizio del conteggio, lo scorso 7 marzo.

Il motivo? Una spiegazione ufficiale non c’è, anche se ambienti vicini all’assessorato regionale al welfare riconducono la doccia fredda di questa impennata - che porta a 1.825 il totale dei positivi in provincia - a un incremento dei test effettuati all’interno delle Rsa, sia tra i degenti che tra il personale, dopo lo scandalo dei ricoveri e dei contagi al Pio Albergo Trivulzio. Un po’ quello, dicono sempre a Palazzo Lombardia, che era capitato giovedì a Varese, quando d’un botto s’erano avuti 98 Cocontagi in più (ieri ridimensionati a 44, per un totale di 1.633).

È una chiave di lettura che non conforta, e che comunque, ieri sera, non trovava ancora conferme: «Posso dire che abbiamo iniziato ad effettuare qualche test, peraltro di nostra iniziativa - ha spiegato per esempio Gianmarco Beccalli, presidente di Ca’ d’Industria, la fondazione che gestisce le tre più importanti Rsa del capoluogo -. Ma le garantisco che nessuno si è presentato per effettuare tamponi a tappeto». Di sicuro, sulla crescita dei positivi, un peso lo esercita proprio la quantità di tamponi eseguiti, a prescindere dalle rsa, un numero che non smette di crescere: si viaggia ormai alla velocità di quasi 10mila esami al giorno, ieri 9.977, per un totale regionale di 196.302.

Difficile comunque avere un’idea precisa di quello che accade. Ieri, l’eco dell’euforia timida dei giorni precedenti si era già affievolita. L’assessore Giulio Gallera ha manifestato timori soprattutto per la città di Milano, alle prese con un continuo saliscendi (782 casi in più, per un totale di 13.268 in provincia di cui 5.368 in città) ma anche a Bergamo e a Brescia, i centri in assoluto più martoriati dagli effetti del coronavirus, la discesa sembra rallentare, come se arretrando il Covid opponesse in realtà maggiore resistenza.

E poi i morti: ieri 273, in linea con i dati di tutta la settimana, per un totale di 10.511 caduti, una cifra monstre da squadernare sotto il naso di chi ancora si illude che questa non sia una vera guerra.

Le buone notizie arrivano dal fronte degli ospedali, sui quali - forse anche per il fatto che i meccanismi di gestione e cura sono ormai bene oliati - la tensione si è un po’ allentata. C’è meno pressione sui pronto soccorso (anche se ieri in quello del Valduce s’è lavorato parecchio) e per il quinto giorno consecutivo scende il numero dei pazienti ricoverati nelle terapie intensive, ieri 1.174 in tutta la Lombardia, 28 meno del giorno prima. Rimangono parecchio carichi i reparti adibiti alla cura di chi è ancora in grado di respirare in autonomia o con ausili non così invasivi: da Sondalo a Mantova, la regione conta 12.026 pazienti ospedalizzati. La notte è ancora lunga.

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