La strage dei bimbi, il padre aveva scritto al sindaco Landriscina: «Mi aiuti»

Una lettera inedita spunta tra le carte dell’indagine. L’uomo chiedeva aiuto dopo che per un cavillo gli erano stati sospesi gli assegni familiari

Il timbro “ricevuto” in Comune sulla lettera indirizzata «alla cortese attenzione del sindaco di Como Mario Landriscina» congela la data al 13 ottobre 2017. Sette giorni prima della strage di via per San Fermo, costata la vita a quattro bambini.

Il mittente è «Haitot Faycal, un padre di 50 anni», l’uomo che ha ucciso se stesso e i suoi figli nel rogo dell’appartamento in cui viveva. Due pagine scritte a mano, in una grafia non sempre comprensibile, ma con una chiara richiesta di aiuto: «Spero prenda in considerazione la mia lettera per il bene dei bambini. La prego sindaco, intervenga per tutti noi».

Dalle carte dell’inchiesta sull’incendio mortale del 20 ottobre scorso spunta una lettera inedita: quella che Faycal Haitot ha indirizzato al primo cittadino per lamentarsi dei Servizi sociali del Comune e per chiedere un intervento autorevole.

Una precisazione è assolutamente d’obbligo: c’è un solo responsabile per la morte di Siff, Soraya, Saphiria e Sophia, ed è il loro padre. Il fatto che il sindaco abbia ricevuto la lettera dall’autore della strage non significa che gli si possa muovere alcun tipo di appunto sulla tragedia (anche perché è arrivata sulla sua scrivania sette giorni dopo la ricezione in Comune). Nelle settimane precedenti quel maledetto ottobre, tra l’altro, Haitot ha inviato mail e lettere a chiunque, compreso il nostro giornale. Eppure quello scritto conferma lo stato di frustrazione, vittimismo e recriminazione in cui si trovava l’uomo. Stato di cui il cinquantenne autore della strage, nei giorni precedenti il suo terribile gesto, ha voluto informare chiunque.

Due i temi principali affrontati da Haitot nella lettera. Il primo lamentare un’asserita «ingiustizia» di cui lui e i suoi figli sarebbero stati vittime, a causa dell’atteggiamento dei Servizi sociali del Comune. Il secondo quello di chiedere di poter risolvere il problema legato alla sospensione dell’assegno familiare, che la dirigente di Palazzo Cernezzi aveva congelato, per motivi burocratici, a luglio.

Questo passaggio, un po’ tecnico, è tra gli elementi su cui il padre che ha sterminato i figli parla più spesso non solo nelle sue lettere, ma anche nelle conversazioni telefoniche - da lui stesso registrate - con amici, conoscenti, volontari che lo aiutavano. Dal 2013 la famiglia Haitot ha iniziato a incassare l’assegno: 906 euro il primo anno, 1.813 quelli successivi. A luglio il Comune ha sospeso l’erogazione per «incongruenze in merito alla dichiarazione della residenza». La famiglia, infatti, risultava ancora abitare in via Bellinzona, dov’era invece stata sfrattata nel 2014. La residenza, però, non poteva essere trasferita in via per San Fermo in quanto le regole dell’housing sociale della Fondazione Scalabrini - che aveva trovato l’appartamento agli Haitot - non lo prevedono, in considerazione del fatto che l’aiuto dovrebbe avere carattere temporaneo, per tamponare una situazione d’emergenza.

Ed è proprio questo che l’uomo tenta di spiegare al sindaco, nella sua lettera: «Ho chiesto l’aiuto economico all’assistente sociale, ma ha rifiutato. Voglio capire solo una cosa: viviamo in questa casa da 4 anni». In base al «contratto firmato tra la Fondazione Scalabrini e il Comune di Como non posso cambiare la residenza. Ho fatto la domanda per l’assegno per il nucleo familiare è stata respinta per un motivo formale. Gli ultimi due anni ho sempre avuto quei soldi. I bambini sono a casa non a scuola. Non posso comprare il materiale».

La dirigente dei Servizi sociali, quando è stata convocata in Questura dai poliziotti della squadra mobile come persona informata sui fatti ha spiegato - parlando del problema legato all’assegno familiare - che «gli era stato chiesto di spostare la residenza del nucleo familiare presso la casa comunale» per aggirare l’ostacolo buracratico. Se davvero è stato fatto, evidentemente, stando alla lettera inviata al sindaco, Haitot non l’ha capito. Anzi, l’uomo ha vissuto gli ultimi mesi di relazione con il Comune come «una sfida contro quattro bambini. Spero - conclude rivolto al sindaco - prenda in considerazione la mia lettera per il bene dei bambini (...) Resisterò finché posso per il bene della mia famiglia. La prego sindaco intervenga. Cordiali saluti».

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