Le Catene, chiuso per sempre
«Addio dopo 48 anni di storia»

La figlia dei fondatori del ristorante: «Immensa tristezza»

Capitava che la signora Anna uscisse dalla cucina, con addosso il grembiule, per suggerire un piatto da assaggiare o per chiamare suo marito, Renato. Il quale, dal canto suo, era raro che oltre al menù non lasciasse ai clienti anche una dose di buonumore: grazie alla capacità di raccontare barzellette lo conoscevano tutti come il battutista. Le Catene era la loro creatura, diventata poi quella della figlia Elena Cittadinetti e del genero, la bandiera del Calcio Como dei bei tempi, Mario Manzo. L’altro ieri, dopo 48 anni di storia, il ristorante ha chiuso per sempre i battenti. Così, dall’oggi al domani.

«È andata così ed è una enorme tristezza - commenta Elena - Avremmo chiuso comunque, con la fine dell’anno. Ma ci sarebbe piaciuto farlo salutando i nostri clienti con altre due settimane di buona cucina. Purtroppo qualcuno ci ha voluti male, ha segnalato che mio figlio, che era il legale rappresentante del locale, da alcune settimane svolgeva un altro lavoro e così ci hanno costretti a chiudere».

Le Catene di via Borsieri - come tutti in città conoscevano il ristorante - in realtà da alcuni anni si era trasferito in via Benzi, dopo la morte della signora Anna: «La nostra chiusura è purtroppo stata dettata dal tempo - prosegue ancora Elena Cittadinetti, visibilmente commossa - La mamma ci ha lasciati e con la sua morte è iniziato un lento declino. Papà ormai è anziano. Io ho trovato un altro lavoro, mio figlio e Mario anche. E il ristorante è finito così».

Eppure da quei tavoli di trattoria vera, dove la pasta era rigorosamente fatta in casa, dove il ragù doveva cuocere non meno di tre ore, sono passati praticamente tutti. Tutti hanno assaggiato le specialità di Anna e riso alle battute di Renato.

«Il periodo più bello - prosegue la figlia dei fondatori de Le Catene - è sicuramente stato quello in cui venivano a mangiare i calciatori del Como. Per 15 anni, dai tempi di Matteoli e Cenci, fino all’era Preziosi, che è stata devastante, non c’era giorno in cui tra i tavoli non si respirava un clima di allegria, di gioia, di felicità». Come dovrebbe sempre essere, quando stai in trattoria. «Oggi è cambiato tutto. Eravamo uno dei ristoranti più vecchi della città. Forse troppo vecchio: la nostra cura per certe cose non funziona più in un’epoca in cui anche la cucina è business».

Elena si commuove, mentre la città continua a cambiare pelle. E a perdere pezzi di storia.

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