Marelli: «Ecco perchè la cucina unica
Saremo in regola e non sprechiamo soldi»

«A fronte di risorse economiche e umane sempre più scarse, le amministrazioni pubbliche devono valutare le modalità di erogazione dei servizi »

Como

La decisione di realizzare un’unica cucina al servizio delle mense scolastiche e di consegnare i pasti con i furgoni ha scatenato un dibattito molto acceso in città. Alcuni genitori hanno bocciato la scelta, preoccupati per la qualità del cibo che verrà servito. Mamme e papà degli alunni che frequentano la scuola di via Isonzo (dove dovrebbe sorgere il centro cottura) si sono presentati in consiglio comunale per protestare: dicono no al trasferimento in via Picchi. Le minoranze di Palazzo Cernezzi, infine, hanno parlato di decisione affrettata, presa senza i necessari approfondimenti, e hanno contestato l’idea di puntare su Prestino. Ma l’assessore Savina Marelli, del Pd (deleghe al Personale e al Controllo di gestione), difende e rivendica la scelta.

Era proprio necessaria questa decisione a dir poco impopolare? Ci spieghi com’è nata.

Il punto di partenza è stato un problema con il personale. A fronte di risorse economiche e umane sempre più scarse, le amministrazioni pubbliche devono valutare le modalità di erogazione dei servizi e capire se è possibile garantirli a costi minori, oppure a costi invariati ma con maggiore qualità. Bisogna usare al meglio i pochi fondi a disposizione. Noi abbiamo fatta una valutazione ed è emerso che la refezione scolastica era il servizio con le criticità più significative.

Nel dettaglio, quali problemi sarebbero sorti mantenendo l’assetto attuale?

L’assetto attuale avrebbe comportato l’obbligo di effettuare costosi lavori edili in molte scuole, per rispettare le prescrizioni di Asl e Vigili del fuoco. E alcuni interventi, visto che lo spazio è poco, non si sarebbero potuti fare in ogni caso. Inoltre, queste modalità ci obbligano ad assumere 44 lavoratori a tempo determinato mentre le norme dicono che non è regolare un’organizzazione del genere per gestire un servizio ordinario. Si tratta di un problema noto da anni ma che ora si è acuito ed è stato segnalato anche dall’Inps. Senza dimenticare che il personale in pensione non può essere sostituito se non in minima parte, c’è il blocco del turnover e quindi era impraticabile l’idea di stabilizzare i 44 lavoratori.

L’intervista completa su “La Provincia” di lunedì 7 dicembre

© RIPRODUZIONE RISERVATA