Mazzette, una talpa svelò l’inchiesta
E Pennestrì iniziò a stracciare le carte

Il commercialista ripreso dalle telecamere della finanza a nascondere i documenti

Venerdì 26 aprile, a dispetto del lungo ponte che aveva svuotato la città, è una giornata movimentata nello studio Pennestrì. L’ex patron della Comense non riesce a star fermo. Apre armadi, schedari e cassetti, seleziona carte e documenti, quindi inizia a stracciare, appallottolare, gettare via. A immortalare un pomeriggio di frenesia, le telecamere piazzate di nascosto dai finanzieri del nucleo di polizia economico finanziaria di Como. È quel giorno che, secondo gli inquirenti, Antonio Pennestrì cerca di far sparire parte delle prove che lo inchioderebbero a una serie di reati, che gli sono costati - ormai due settimane fa - il carcere.

Nell’inchiesta sulla tangentopoli del fisco, che oltre a Pennestrì senior ha portato in cella pure il figlio Stefano Pennestrì, oltre all’ex direttore dell’Agenzia delle entrate di Como Roberto Leoni e al funzionario dell’ufficio legale della stessa Agenzia Stefano La Verde, c’è uno sconcertante filone parallelo sulla fuga di notizie che, mentre gli accertamenti della Guardia di finanza erano in corso, ha consentito agli indagati di venire a conoscenza dell’interessamento della magistratura per loro.

A scoprire l’esistenza di una denuncia in Procura è stato Roberto Leoni. Ad informarlo una talpa «da Milano» che, già a febbraio, gli svela dell’esistenza di una denuncia a suo carico.

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