Migranti, lo sfogo
del direttore Caritas
«Nemmeno un euro»

Ieri nelle parrocchie letto un messaggio per ribadire la contrarietà alla chiusura di via Regina. Bernasconi: «Nessuna speculazione sull’accoglienza»

Si alza il livello dello scontro tra la chiesa comasca e il mondo dell’associazionismo cattolico da una parte, e il governo dall’altra. Il nodo, come noto, è la chiusura del centro di via Regina Teodolinda, che il ministero vorrebbe dismettere alla scadenza della convenzione siglata due anni fa di questi tempi con la Croce rossa.

Ieri, su invito del vescovo Oscar Cantoni, i parroci della città, al termine delle messe domenicali, hanno dato lettura di un comunicato che ricalca gli stessi principi già enunciati nella lettera diffusa il giorno precedente dalla Caritas.

In sostanza le esigenze di interesse pubblico che a suo tempo determinarono l’attivazione del centro, sussistono ancora, e anzi, forse più di allora, come ha ribadito di nuovo, ieri, il direttore della Caritas Roberto Bernasconi: «Il campo di via Regina è funzionante e in piena efficienza. Ci si dimentica della stagione invernale alle porte, di chi dorme al Santarella, all’ex scalo merci, di chi dorme sotto i portici di San Francesco e al Gb Grassi. Ribadisco: la decisione di chiuderlo è una decisione molto grave, frutto di una scelta unilaterale. C’è ancora spazio per pensare a una riconversione, è una questione di buonsenso oltre che di volontà politica».

Il clima è teso. La posizione del Viminale chiara: la struttura nacque per garantire la prima accoglienza, il numero degli sbarchi sulle coste è diminuito, quello dei respingimenti alla frontiera svizzera anche. In altre parole non sussistono più, dice il ministero, i presupposti giuridici.

Si dibatte, spesso a sproposito, anche di costi. Roberto Bernasconi tiene a sgomberare il campo da ogni possibile equivoco (e da tante voci antipatiche circolate con una certa frequenza): «Lo scriva con chiarezza: il sottoscritto vive della pensione sua e di quella di sua moglie. Il lavoro che svolgo da direttore della Caritas è su base del tutto volontaria». Vengono pagati invece gli addetti della cooperativa che fornisce il personale per la gestione quotidiana del centro, che fa capo, come noto, alla Croce rossa.

Fare i conti è difficile, ma per chiarire l’ordine di grandezza, ogni ospite costa 25 euro al giorno (contro i proverbiali 35 che vengono invece erogati alle cooperative che si occupano dei centri di “seconda” accoglienza, facenti capo al Sistema di protezione per richiedenti asilo): oggi in via Regina è accolta un’ottantina di migranti (dopo i trasferimenti della scorsa settimana), nel biennio ne sono transitati in tutto 7mila.

Il problema, sempre secondo Bernasconi, riguarda anche i rapporti tra enti, che a suo dire si sarebbero improvvisamente e inspiegabilmente deteriorati negli ultimi giorni, «dopo mesi di concertazione e lavoro di squadra che avevano garantito ottimi risultati».

Il riferimento, tutt’altro che velato, è alla unilateralità della scelta di chiudere e a uno dei passaggi chiave del comunicato dell’altroieri: «Riteniamo ipocrita sfruttare le competenze di cittadini, associazioni e volontari quando serve, per poi ignorarli e non interpellarli e non ascoltarli prima di operare scelte che intaccano la vivibilità della stessa città».

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