Ospedali e Rsa, nuove regole per le visite
Pressing delle famiglie: «Qui tutto tace»

Da giovedì le indicazioni nazionali prevedono incontri giornalieri di 45 minuti - Gli ospedali parlano di ripresa graduale, ma le associazioni lamentano mancanza di indicazioni

Como

Riapertura alle visite ai parenti negli ospedali e nelle Rsa: in città tutto tace, le famiglie e le associazioni chiedono per l’ennesima volta di poter incontrare i loro cari.

Da giovedì i pazienti hanno diritto a visite da 45 minuti al giorno nei reparti ospedalieri, nelle case per anziani le strutture dovranno garantire la continuità degli incontri, non saluti saltuari e programmati. Certo dispositivi di sicurezza e Green pass saranno comunque richiesti, niente porte aperte insomma per chi ha una vaccinazione parziale o con i termini del richiamo scaduti, ma dopo due anni di pandemia la legge stabilisce un ritorno graduale alla normalità.

In Lombardia la Regione sta stilando dei protocolli sulla base di quanto già previsto dalle normative nazionali. Resta per le direzioni sanitarie la possibilità di invertire la rotta alla luce, per esempio, di un peggioramento della situazione epidemiologica. Alcuni ospedali, dal Policlinico di Milano all’ospedale di Circolo di Varese, si sono da tempo adeguati. In città invece fino ad ora ha vinto la prudenza.

L’Asst Lariana per il Sant’Anna «valuta come strutturare la riapertura». La direzione dell’ospedale sottolinea la necessaria prudenza ribadendo che l’assistenza ai pazienti più fragili è comunque sempre garantita. Di fatto con il Covid le visite sono bloccate salvo accordare il permesso con i singoli primari.

Anche il Valduce ha promesso una graduale ripresa delle visite, ma di nuovo facendo appello alla responsabilità e alla pazienza dei cittadini. Le Rsa concedono sì incontri e saluti, per esempio alla Ca’ d’Industria o alle Giuseppine, gli accessi però sono ancora contingentati e si attende una comunicazione sulle nuove modalità.

«Mi pare che ad un giorno dalla riapertura delle visite negli ospedali e nelle Rsa le direttive sui territori siano ancora confuse se non inesistenti – commenta Fernanda Donchi , referente a Como del Tribunale del malato – la legge però esiste dunque da giovedì occorre adeguarsi. Sperando che le singole direzioni sanitarie non modifichino e adattino le riaperture mettendo dei paletti molto stringenti. Il diritto al ritorno alla normalità è comprensibile, tante famiglie ci segnalano chiusure e non ammissioni. Di contro è vero che la tutela dei pazienti e degli anziani fragili impone degli interrogativi, passata la quarta ondata, come già successo, viviamo una sorta di liberi tutti».

Il calo dei contagi in effetti ormai si sta fermando. L’incidenza dei positivi a Como è scesa in una settimana da 340 casi ogni 100mila abitanti a 296, poco rispetto ad altre province italiane, non siamo più tra le aree “più bianche”. Il virus circola ed anche secondo l’Ats Insubria è sbagliato pensare sia tutto finito. Eppure i comportamenti sociali sono già tornati alla normalità. Anche i ricoveri diminuiscono più lentamente del previsto: sono infatti una quarantina i pazienti Covid al Sant’Anna quando i medici speravano già a metà febbraio di poter archiviare i reparti per i positivi.

«La paura è che le cose nelle Rsa non tornino ad essere come prima – spiega Marilina Parravicini , referente a Como dell’associazione Felicita che si batte per i diritti degli ospiti delle Rsa –. Senza visite davvero continuative, dando il permesso per salutare l’anziano genitore una volta al figlio e una volta alla figlia, con un operatore sempre presente ai colloqui come forma di controllo. Un tempo potevamo portare anche a casa gli anziani ospiti per invitarli ad un pranzo. Dal marzo del 2020 invece, salvo brevi parentesi, le Rsa si sono blindate. Certo, a tutela della salute di tutti, ma così è una sofferenza. Manca anche l’apporto delle associazioni e del mondo del volontariato».

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