Ragazzina picchiava papà per i soldi
Arrestata e trasferita in comunità

Diciassette anni, da mesi aggrediva i genitori rifiutando di sottostare a ogni regola - Alla fine la denuncia e la richiesta di aiuto al tribunale dei Minori che ne ordina la custodia

Como

Una ragazza di 17 anni residente in città, studentessa, è stata accompagnata dagli agenti della squadra mobile della polizia in una comunità protetta, a distanza di “sicurezza” dalla sua famiglia in esecuzione di un’ordinanza del tribunale dei Minori di Milano.

La misura dell’allontanamento - chiesta e ottenuta dal pm Myriam Iacoviello - è l’approdo di una vicenda che si protrae ormai da un paio d’anni e che la questura di Como conosce piuttosto bene, visti i diversi interventi effettuati dagli agenti delle volanti a casa della ragazzina e dei suoi genitori negli ultimi mesi. La ragione principe dell’allontanamento sono i comportamenti della ragazza, che da due, tre anni, rifiutando ogni regola, aggredisce i genitori con una violenza fuori dal comune.

L’ultimo episodio - quello che potrebbe in qualche modo avere spinto la procura a rompere gli indugi - risale a poche settimane or sono, mese di gennaio, quando di fronte al diniego del padre che si rifiutava di rinnovarle l'abbonamento a un’App per lo smartphone, la figlia gli si è scagliata addosso, colpendolo alla testa con una cornice. Niente di grave, per fortuna, quantomeno non nel fisico: ma il fatto che papà abbia rifiutato le cure del pronto soccorso non basta a ridimensionare la portata dell’ennesimo accesso d’ira violenta.

A dicembre, dopo avere sopportato per anni, mamma e papà si erano risolti a chiedere aiuto alla polizia, denunciando le reiterate aggressione fisiche, gli insulti, gli spintoni, il rifiuto sistematico di sottostare anche alle regole più blande, agli orari, alle limitazioni nelle uscite, allo sperpero di denaro che sembrava non bastare mai. Prima di risolversi a richiedere la misura del trasferimento in comunità, il tribunale dei Minori di Milano ha monitorato a fondo la situazione, convenendo sulla gravità dei comportamenti e sui rischi non tanto, o non solo, di reiterazione, ma anche su quelli di un ulteriore aggravamento. Come a dire: o si trova il modo di fermarla, o qualcuno rischia di farsi male davvero.

La “terapia” del trasferimento in comunità - che dovrebbe di per sé bastare a indurre lo choc necessario a rinsavire almeno un po’ - dovrebbe concedere un po’ di requie anche ai due coniugi, che sono le prime vittime della situazione.

Nelle prossime ore il pubblico ministero ascolterà la ragazza, poi deciderà sul prosieguo dell’indagine che, come sempre nel caso dei minorenni, è orientata in primis al pieno recupero del soggetto indagato e alla neutralizzazione dei comportamenti devianti.

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