Rsa, ancora polemiche
per le visite con il contagocce

I parenti lamentano il poco tempo concesso solo all’esterno. L’associazione Felicita: «Zona bianca, aprono tutti ma non le case di riposo»

«Siamo in zona bianca, aprono tutti, ma non le Rsa». Così denuncia Marilina Parravicini, rappresentante dell’associazione Felicita che si batte per i diritti nelle Rsa, una delle tante donne comasche con la mamma anziana ospite in una casa di riposo della città.

Le nuove norme firmate dal Governo a inizio aprile hanno provato in parte ad aprire le porte delle Rsa, prevedendo visite, previo tampone o certificato vaccinale. Ma solo su appuntamento, una volta alla settimana, massimo due parenti per un quarto d’ora o al più venti minuti e in presenza di un operatore. Il contatto fisico non ovunque è ammesso, dipende dalla struttura, le strette di mano e le carezze sono consentite, per esempio, alla Ca’ d’Industria e alle Giuseppine. Quest’ultima di recente permette ai parenti vaccinati con l’intero ciclo, sotto propria responsabilità, di far uscire su appuntamento gli anziani per un rapido giretto. Un piccolo passo verso un difficile ritorno alla normalità.

«Non si riesce a voltare pagina»

«Sì, restano però delle contraddizioni – commenta Patrizio Tambini, presidente delle Giuseppine – e in struttura le visite dobbiamo farle sempre in presenza di un operatore. Le regole restano strette e la campagna vaccinale ormai completata non sembra permetterci di voltare pagina».

Reparti e strutture sono ancora inaccessibili, i saluti si fanno quasi solo all’esterno o in spazi allestiti e separati, il mondo del volontariato non ha più libero accesso per dare manforte alle case per anziani. «Stiamo cercando soluzioni alternative per dare modo a parenti e ospiti di stare più insieme – dice Gianmarco Beccalli, presidente della Ca’ d’Industria – per ora però le norme non consentono di tornare alla normalità».

Molti familiari si lamentano proprio per le norme ancora restrittive. Questo nonostante la zona bianca, con la quale quasi tutte le attività hanno ritrovato le libertà pre 2020. Ma soprattutto nonostante le Rsa siano tra i luoghi più Covid free del Comasco. Fino a gennaio e ancora a febbraio le Rsa sono state duramente colpite dal virus, con focolai che hanno di fatto contagiato buona parte degli ospiti, migliaia di anziani, provocando centinaia di vittime. Da marzo la curva però grazie alle vaccinazioni è scesa velocemente. Dall’inizio di marzo alla metà dello stesso mese tutte e 57 le Rsa Comasche hanno contato 43 casi positivi, dalla metà di marzo all’inizio di aprile altri 11 casi positivi.

«Ingressi in sicurezza»

Poi da aprile zero, niente casi, nemmeno dei tamponi debolmente positivi su una popolazione che continua a fare controlli di routine. I positivi tracciati nelle Rsa della nostra provincia dall’inizio della pandemia sono fermi a 2.730. Il completamento della campagna vaccinale con due dosi per tutti i cittadini e la pausa estiva potrebbero imporre un via libera anche per le Rsa. Salvo le varianti che ancora fanno paura a molte direzioni sanitarie e che, però, rappresenteranno per sempre un rischio potenziale, soprattutto in vista dell’autunno.

Nel mentre i sindacati confederali dei pensionati hanno consegnato migliaia di firme alla Regione Lombardia per chiedere visite dei familiari in sicurezza, ma anche nuove forme di residenzialità, garanzie sulle cure e sostegni alle rette. Richieste che guardano ad un rilancio dei servizi per la terza età una volta superata la pandemia.

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