Rsa, anziani sempre più isolati
«Un rischio vedere figli e nipoti»

Una visita da dietro un plexiglass ogni due settimane. I familiari: «Troppo poco» - Ma le direzioni delle case di riposo non si fidano: «C’è ancora timore per nuovi contagi»

A sette mesi dall’inizio della pandemia le Rsa, di fatto, sono ancora sigillate. Le residenze per anziani solo da luglio sono tornate ad accogliere nuovi ospiti, ma dopo lunghe procedure a tutela della salute degli utenti, tamponi e quarantena. Invece i parenti non possono mettere piede all’interno delle strutture per salutare i loro cari come una volta.

Le visite sono parzialmente ricominciate, ma non c’è contatto. Con l’estate alcune Rsa si sono attrezzate per dei saluti dalla finestra, dal giardino. Adesso c’è il plexiglass. Sono incontri fugaci, in alcune strutture non più di una volta alla settimana, in altre ogni quindici giorno. Dipende da quando si esaurisce il giro. Per uno massimo due familiari. Di solito soltanto per mezz’ora, non intere giornate in compagnia. Spesso per ragioni di personale non al sabato e la domenica.

Ciascuna Rsa è libera di organizzarsi per difendere con rigore la salute degli anziani. La responsabilità ultima del resto è delle direzioni sanitarie. Ma in genere questi saluti non sono semplici. Alcune famiglie raccontano di soffrire la distanza. È chiaro che ai tempi del Covid gli abbracci sono vietati, ma la vicinanza ha un’importanza non secondaria.

Dietro a dispositivi di protezione, da lontano, con pannelli di mezzo, molti anziani faticano a sentire, a capire. Molti figli e nipoti hanno spiegato di aver notato in quei brevi e distanti saluti un decadimento cognitivo netto. La capacità di ragionare e di comprendere peggiora in maniera veloce. Anche il tono dell’umore è toccato nel profondo. Ci sono dei figli che stanno pensando anche di riportare a casa i loro cari.

Alla Ca’ d’Industria oggi la situazione è serena, i casi positivi sono quasi a zero salvo nuovi test che restituiscono casi isolati di positività. Anche al don Guanella ora si vive e si lavora con più tranquillità, ma il problema delle visite così pure alla Marcelline rimane una ferita aperta. Anche alle Giuseppine la turnazione delle visite non è immediata. «Noi siamo chiusi, non possiamo aprire - dice Gianmarco Beccalli presidente di Ca d’Industria – ciascuna Rsa trova formule per organizzare dei saluti, ma è difficile. Il problema è reale. È comprensibile la sofferenza, ma dobbiamo dare la priorità alla salvaguardia della salute. Il distacco psicologico c’è. Oltre un plexiglass una volta ogni 15 giorni è poco. Da sempre garantiamo solo le urgenti necessità per le persone in punto di morte. Ospiti e famiglie sono tristi e noi altrettanto».

Oggi in Ca d’Industria ci sono 474 letti, 343 ospiti e un solo positivo isolato. «È un sacrificio grande - commenta Rossella Dartizio, psicologa comasca impegnata sui temi Covid –. Il benessere psicologico fa parte del benessere fisico. L’affetto dei cari, l’umore, ricade sulla salute mentale e del corpo. Bisogna aprire un dibattito molto complicato».

© RIPRODUZIONE RISERVATA