Scandalo forno crematorio, la denuncia
«Mischiarono le ceneri di mio marito

La moglie di un vigile si oppone alla richiesta di archiviazione del caso da parte di Biella

La Procura di Biella ha deciso di chiedere l’archiviazione della denuncia presentata dai famigliari di un vigile comasco, morto lo scorso anno e la cui cremazione è avvenuto al forno di Biella, travolto dall’orrore di «una lugubre catena di montaggio della morte a fini di lucro», con salme cremate insieme, ceneri mescolate e cadaveri distrutti per consentire al forno di funzionare a pieno regime, per incrementare i guadagni.

Secondo la Procura - che la scorsa estate aveva accolto le istanze di patteggiamento presentate da 8 imputati su 11 - è difficile, se non impossibile, riuscire a procedere all’analisi del dna contenuto in tutte le urne delle centinaia di famigliari che hanno presentato denuncia, da un lato a causa delle altissime temperature che potrebbero aver bruciato anche il dna, dall’altro comunque per il rischio di possibili contaminazioni.

Ma la moglie del vigile comasco non ci sta e, nei giorni scorsi, ha presentato - tramite l’avvocato Jacopo Maioli - formale opposizione alla richiesta di archiviazione del pubblico ministero.

Il legale contesta da un lato la decisione della Procura di non far confluire nel fascicolo principale dello scandalo le denunce presentate dai famigliari delle persone cremate, nel periodo dello scandalo, in quel di Biella. Dall’altro la carenza di attività investigative sulle denunce ricevute, ad esempio la moglie del vigile comasco non è mai stata sentita dagli inquirenti.

L’udienza di opposizione si terrà nelle prossime settimane. La vicenda, come si ricorderà, riguarda tantissimi comaschi, visto che il forno del Cimitero cittadino è fuori uso ormai da anni e, ancora oggi - a dispetto delle promesse dell’amministrazione - non è tornato operativo, costringendo le famiglie a lunghe trasferte e costi altissimi per poter far cremare i propri cari.

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