Spese per le multe via mail
«Possibile una class action»

Il Comune vuole caricare i costi di visura per le notifiche via Pec. Per l’Unione nazionale consumatori «viene violata la ratio della nuova norma»

Una class action contro il Comune di Como per indurlo a non addebitare alcuna spesa per le notifiche via posta elettronica certificata delle multe: è una delle strade ipotizzate dall’Unione nazionale consumatori per “smontare” la decisione della Polizia locale di continuare a scaricare i costi di procedura sugli automobilisti multati.

Dal 1° febbraio la polizia locale è obbligata infatti a notificare le multe attraverso lo strumento della posta elettronica certificata (Pec), a quegli automobilisti che ne sono in possesso: questo significa il taglio delle spese postali per l’invio del verbale cartaceo.

Ma il decreto del ministero dell’Interno prevede anche che «le procedure per la notificazione dei verbali di accertamento delle violazioni del codice della strada, tramite posta elettronica certificata, devono essere realizzate dagli Uffici o Comandi degli organi di polizia stradale da cui dipendono gli agenti che hanno accertato illeciti in materia di circolazione stradale nei confronti dei soggetti abilitati all’utilizzo della posta medesima escludendo l’addebito delle spese di notificazione a carico di questi ultimi». Quindi, nessun costo aggiuntivo. Nonostante ciò, la Polizia locale vuole continuare ad addebitare agli utenti le spese di procedura, vale a dire di ricerca, di accesso alle banche dati e di visura, quantificandole in circa 3 euro.

«Se è così, è possibile ricorrere al giudice di pace» aveva suggerito l’avvocato Mario Lavatelli, presidente dell’Associazione civica degli utenti della strada. «Una tesi assolutamente condivisibile - commenta Mauro Antonelli dell’Unione nazionale consumatori - Quanto annunciato dal Comune di Como viola la ratio della norma, che prevede espressamente di non caricare alcuna spesa ai cittadini provvisti di Pec».

Antonelli si spinge oltre: «Se il Comune insiste nel continuare ad applicare i costi di procedura, a maggior ragione se lo fa dopo che un giudice di pace ha respinto la loro tesi giuridica e li ha costretti, in quel singolo caso oggetto del ricorso, a non imputarli, è ipotizzabile allora una class action».

Un’azione collettiva, che nel nostro ordinamento ha precise restrizioni. Non in questo caso, però: «Si può agire in giudizio - dice ancora Antonelli - contro le pubbliche amministrazioni e i concessionari di servizi pubblici che, nello svolgimento delle proprie attività, abbiano leso i diritti di una pluralità di utenti e consumatori. In questo caso non è possibile ottenere il risarcimento per il danno subito, ma il miglioramento del servizio pubblico e la correzione del disservizio».

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