Strage sulle Alpi: «Io difendo Mario»
La sopravvissuta tedesca racconta

Il settimanale tedesco Der Spiegel pubblica una lunga ricostruzione della tragedia sull’Haute Route

«Alle 5 del mattino del 29 aprile Lisa Hagen si sveglia in un rifugio a 2.928 metri sopra il mare. Ha dormito poco e non riesce a smettere di pensare al tempo che farà». Inizia così un lunghissimo articolo, pubblicato nei giorni scorsi dal settimanale tedesco Der Spiegel, in cui viene ricostruita minuto per minuto la tragedia dell’Haute Route, costata la vita a 7 alpinisti tra i quali la guida comasca Mario Castiglioni, la moglie Kalina Damyanova e Andrea Grigioni, infermiere di Lurate Caccivio. A ricostruire quella tragica domenica di fine aprile sulle Alpi è l’unica sopravvissuto che finora non aveva mai voluto parlare: un’alpinista tedesca, che da anni, appena poteva, si rivolgeva a Castiglioni per scalare le montagne.

Non un’intervista vera e propria, quella di Der Spiegel, ma una ricostruzione puntigliosa di quanto avvenuto realizzata grazie alla testimonianza della donna che, al contrario di un altro sopravvissuto, Tommaso Piccioli, che aveva puntato il dito su Mario Castiglioni, decide di difendere la guida comasca: «Chi sia da biasimare non è così chiaro». Lisa «conosceva Mario Castiglioni come una guida responsabile. Ora non ha l’opportunità di difendersi, per questo ha deciso di parlare».

Una ricostruzione minuziosa

La donna (che ha chiesto al settimanale tedesco di pubblicare un nome di fantasia) parte dal principio, dall’incontro in un parcheggio a Milano con gli altri compagni di avventura: Francesca Von Felten, da Parma, «casalinga e madre di tre bambini», Luciano, svizzero di 72 anni «in eccellenti condizioni fisiche», Gabriella Bernardi e Marcello Alberti, gli sposi di Bolzano di 52 e 53 anni e la loro amica Betti Paolucci, 44 anni. «Marcello era un taxista, Gabriella lavorava nelle risorse umane e Betti era un’insegnante». Andrea Grigioni «un infermiere di 45 anni» di Lurate Caccivio «che ha spiegato di aver preso il posto di un altro italiano, che si era cancellato all’ultimo istante». Tommaso Piccioli, «un 49enne ben piazzato» che «ha parcheggiato la sua vecchia Subaru e non si è presentato». Infine Mario e la moglie Kalina. «Castiglioni era la stessa guida che per anni ha guidato in sicurezza Lisa e il suo partner» morto pochi anni prima in un incidente stradale.

Tanto si è discusso sulla presunta leggerezza della guida italiana nel non aver portato con sé un segnalatore Gps, come raccontato da Tommaso Piccioli: «Per Lisa - si legge nell’articolo - era chiaro che Mario si aspettava che tutto andasse liscio (...) Dieci persone sono tante per una scalata così ambiziosa. Un gruppo così grande è lento, per questo Mario Castiglioni ha optato per viaggiare leggeri. In caso di emergenza, lui aveva sempre il suo telefono cellulare».

«I primi giorni sono stati come il catalogo aveva promesso: cielo blu, neve bianca, discese nelle valli e ascese sulle cime». Poi le previsioni del tempo iniziano a cambiare. E si arriva alla mattina della tragedia, quando il gruppo si sveglia in un rifugio a 2.928 metri di altitudine.

«L’alpinismo non vive di certezze»

«La maggior parte delle 60 persone» che erano nel rifugio «hanno optato per aspettare che la tormenta passasse. Tommaso Piccioli parlò con un francese sicuro che il tempo sarebbe cambiato rapidamente. Mario Castiglioni la pensava diversamente». E qui i cronisti del Der Spiegel riportano il pensiero della sopravvissuta: «Semplicemente perché gli altri preferirono eccedere in cautela non vuol dire che la decisione della guida di proseguire fu sbagliata. L’alpinismo conosce poche regole rigide. Questa ambiguità è ciò che rende lo sport così eccitante o terrificante, dipende dalle situazioni. Chi va in montagna deve lavorare l’analisi di rischi possibili piuttosto che certezze».

Il resto è tragica cronaca. Il tempo che cambia più velocemente del previsto. Il gruppo che smarrisce la via per il rifugio. La notte che li sorprende. Il gelo. E mentre Castiglioni va a cercare aiuto (sarà trovato morto a 200 metri dal gruppo) Lisa «si appoggia contro Andrea, l’infermiere, che è qui solo perché qualcuno aveva cancellato il suo viaggio. Ha un braccio attorno a lei». Lisa si salverà. Andrea e altri sei alpinisti non ce la faranno.

© RIPRODUZIONE RISERVATA