Swissexit, vince il “no” con il 62%
Ma in Ticino passa la linea anti frontalieri

Gli elettori elvetici hanno bocciato il referendum - Sì, invece, in tre Cantoni: a Lugano e Mendrisio con il 53% - Udc e Lega dei ticinesi: strappo con Berna sul problema del lavoro

Dopo due vittorie rimaste tali solo sulla carta - 9 febbraio 2014 (referendum federale contro l’immigrazione di massa) e 25 settembre 2016 (votazione ticinese “Prima i nostri!”) -, gli elettori svizzeri hanno sonoramente bocciato le velleità dell’Udc di salutare l’Europa e dare il benservito a un nutrito drappello di frontalieri.

La maggioranza dei Cantoni ha detto no alla #Swissexit, dando così mandato al Governo guidato da Simonetta Sommaruga di consolidare i rapporti con Bruxelles e con l’Italia. Il “no” si è attestato al 62%, per la precisione 61,7%, in quella che il sindacato Unia ha subito definito «una vittoria delle lavoratrici e dei lavoratori». Una vittoria salutata con favore e con «un sospiro di sollievo» anche dall’associazione degli imprenditori svizzeri: salutare l’Europa avrebbe significato il tracollo dell’economia federale, già provata da mesi di pandemia. C’è però un altro lato della medaglia - che suona comunque come un campanello d’allarme per i lavoratori italiani e per i Comuni di confine (beneficiari dei ristorni) - e cioè che il 53,1% dei ticinesi ha detto “sì” al quesito proposto dalla consultazione federale, di fatto allargando le maglie dello strappo istituzionale con Berna, ma anche con il nostro Paese. Mendrisio (52,7% di voti favorevoli) e Lugano (con il “sì” al 52,6%) hanno guidato il gruppo dei Comuni che, attraverso i rispettivi elettori, ha chiesto un segnale di discontinuità al Governo federale. Solo altri tre Cantoni oltre al Ticino hanno votato a favore della #Swissexit, sono i Cantoni Glarona, Svitto e il minuscolo Appenzello Interno. Per arrivare allo strappo istituzionale con l’Europa sarebbe servito il voto favorevole della maggioranza dei Cantoni. «Il risultato ovviamente non ci soddisfa. In Ticino il riscontro delle urne è stato buono, ma non esaltante come quello del 9 febbraio 2014 - il commento a caldo del consigliere nazionale Udc, Piero Marchesi -. Abbiamo perso una battaglia, ma non la guerra. A Berna, con il supporto del 53,1% degli elettori ticinesi, ricorderemo che esiste un problema legato all’immigrazione. La nostra priorità restano i ticinesi e le ticinesi». Nel tardo pomeriggio è arrivato anche il commento del granconsigliere leghista Stefano Tonini: «Il popolo si è espresso su una tematica così importante forse nel momento più sbagliato. Sul voto ha pesato l’incertezza generata dall’emergenza Covid-19. Importante però rimarcare che la maggioranza dei ticinesi ha sostenuto l’iniziativa».

Chiaro il riferimento ai frontalieri, che in Ticino si attestano oggi sopra quota 67 mila. Lucida l’analisi post voto di Renato Ricciardi, segretario cantonale del sindacato Ocst: «In Ticino esistono problemi legati al mercato del lavoro, che preoccupano molte persone e che ora vanno finalmente affrontati in modo serio. Parliamo dei salari, dei posti di lavoro e della discriminazione salariale per lavoratrici e frontalieri che pesano sui salari di tutti». Il Partito Democratico - in una nota a firma del senatore Alessandro Alfieri e dei consiglieri regionali Angelo Orsenigo e Samuele Astuti - ha confermato il fatto che «è un bene che i cittadini della Confederazione abbiano respinto la richiesta di limitare l’immigrazione. Al contrario, in Canton Ticino il “sì” ha prevalso, ma sotto le aspettative. Purtroppo una parte di atteggiamento anti-italiano rimane».

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