Tagliata una pensione su cinque
Meno soldi per 37mila comaschi

Sopra i 1.522 euro lordi mensili è prevista una rivalutazione solo parziale Monteduro (Uil): «Una misura sbagliata, pronti a mobilitarci»

Per 37mila comaschi la pensione aumenterà meno del previsto. Sono gli effetti dei sacrifici chiesti dal Governo ai pensionati con un assegno che supera «tre volte il minimo» (superiore quindi a 1.522 euro lordi al mese). Chi rientra in questa fascia - sul territorio comasco per la precisione sono 37.399 cittadini - godrà di un adeguamento solo parziale all’inflazione. Si salvano i titolari di pensioni più basse (dalla minima fino ai citati 1.522 euro), poco più di 150mila persone in provincia di Como: per loro la rivalutazione continuerà a essere piena.

Va precisato, tra l’altro, che i comaschi si accorgeranno del taglio solo nel mese di marzo, perché le pensioni di gennaio e febbraio saranno calcolate ancora con il vecchio sistema. Il motivo? L’Inps ha bisogno di temo per adeguarsi alla novità. Il piccolo extra percepito a gennaio e febbraio verrà tolto a marzo.

E se è vero che - come dimostra la tabella in questa pagina - la differenza tra quanto i pensionati avrebbero dovuto percepire e quanto percepiranno realmente non è enorme, è altrettanto certo che la decisione dell’esecutivo verrà mal digerita dagli interessati. A maggior ragione considerando che 28mila dei 37mila pensionati coinvolti in provincia di Como rientrano nella fascia compresa tra 1.500 e 2.500 euro lordi mensili (quindi tra 1.200 e 1.900 euro netti) e non si può quindi parlare di “pensioni d’oro”.

Quanto si perderà? Nel caso di un assegno da 2.500 euro lordi mensili si tratta di 322 euro in meno nel triennio (2019-2021), un pensionato da tremila euro lordi invece rinuncerà nei tre anni a 774 euro che avrebbe incassato con le precedenti regole.

«Per la fascia compresa fra tre volte a quattro volte il minimo la rivalutazione sale dal 90% al 97% ma a fronte di questo quelle superiori a quattro volte il minimo avranno un taglio rispetto a quanto previsto in precedenza - sottolinea Salvatore Monteduro, segretario generale Uil del Lario - E in ogni caso la misura corretta sarebbe stata una rivalutazione del 100% rispetto all’inflazione, per salvaguardare il potere d’acquisto in una fase già difficile. Si incide su pensioni non certo elevate per trovare le risorse da destinare alle pensioni di domani, alla cosiddetta “quota 100”, provvedimento sbagliato anche in questo caso e molto parziale. Consente come noto di andare in pensione con 62 anni di età e 38 di contributi, ma in questo modo risulteranno penalizzati i giovani che spesso non hanno contributi continuativi lavorando con contratti a termine. Rischiano di non avere pensioni dignitose. Con gli altri sindacati - conclude Monteduro - siamo pronti alla mobilitazione».

Sul quotidiano in edicola il 3 gennaio 2019 la tabella con tutti i dettagli

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