«Viale Geno, basta tragedie nel lago
Cartelli per segnalare il pericolo»

Dopo la morte del sedicenne, l’assessore Negretti ha convocato un vertice con i vigili. L’obiettivo è far capire a tutti che le acque in quel punto sono profonde già a un metro dalla riva

Il giorno dopo la tragedia di Maxwell Osei, il ragazzino di 16 anni annegato nel lago venerdì a mezzogiorno, un velo di apparente e straniante normalità è tornato ad avvolgere uno dei luoghi più panoramici della città, la punta di viale Geno, da sempre meta di tante incursioni di giovanissimi che scelgono i lastroni di granito della fontana per tuffarsi e fuggire così la calura o, come nel caso del povero Maxwell, semplicemente per festeggiare la fine dell’anno scolastico coi propri compagni di classe.

Una festa che si è trasformata in un dramma, senza che il giorno dopo nulla ricordi quella disgrazia. O, più utilmente, avverta chi voglia gettarsi per un bagno, del pericolo che si cela immediatamente sotto la superficie verde smeraldo del lago. Perché in quel punto il fondale scende quasi in verticale e sprofonda subito a una decina di metri, la profondità alla quale è stato ripescato Maxwell dai sommozzatori dei Vigili del fuoco.

Nessuna indicazione, nessuna rete, nessun parapetto che impedisca anche ai più arditi il gesto. Peraltro il lungolago non è un lido, e quello che c’è subito dopo la fontana è chiuso. Né le acque, in questo punto, sono balneabili, come ha decretato l’Ats e come segnalano due cartelli ben in vista all’ingresso dell’area verde prima della fontana.

Ma può una semplice insegna fermare un gruppo di quindicenni festanti? «Ci siamo posti il problema - risponde l’assessore alla Sicurezza Elena Negretti - Queste tragedie sono purtroppo il segnale che bisogna fare qualcosa di più per impedire che si ripetano, puntualmente ogni estate all’arrivo dei primi caldi».

Domani, lunedì, annuncia l’assessore, «convocherò una riunione tecnica con il comandante della Polizia locale Donatello Ghezzo per vedere che cosa è possibile fare, come si può intervenire per evitare nuovi annegamenti. Certo, è impensabile mettere i vigili a presidiare tutto il lungolago per impedire i tuffi, dove esistono già cartelli di divieto di balneazione, e in aree che non sono attrezzate come lidi. Non abbiamo uomini a sufficienza e penso che alla fine comunque ci sarebbe gente che continuerebbe a farlo». E allora che fare? Servirebbero magari cartelli che ammonissero, chi non conosce il lago, della profondità e pericolosità di queste acque, già a un metro dalla riva?

«Credo di sì - risponde Negretti - Ma con il sindaco stiamo pensando a far partire una campagna di informazione per mettere in guardia le persone, comaschi e non, giovani e turisti, dei rischi che si corrono a gettarsi nel nostro lago, infido anche per le correnti fredde. Intanto vorrei esprimere il mio cordoglio alla famiglia di Maxwell. Non si può morire così a 16 anni, per un tuffo con gli amici in un giorno di festa».

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