Cultura e Spettacoli
Giovedì 10 Giugno 2010
Storia d'Italia in 3 date
Ma quale "vale" di più?
Nel suo ultimo libro, il politologo Ernesto Galli della Loggia, professore universitario ed editorialista del "Corriere della Sera" riduce a tre gli eventi del Novecento che hanno segnato il secolo:l'inizio del Ventennio fascista il 28 ottobre 1922; la vittoria democristiana nelle prime elezioni libere dopo la dittatura di Mussolini, nel '48 e il 27 marzo 1994, cioè la "discesa in campo" di Silvio Berlusconi. E voi, quale tra queste date pensate abbia lasciato maggiormente il segno? Partecipate al sondaggio sulle home page del nostro sito.
di Davide G. Bianchi
Tre giorni che hanno fatto la storia del nostro paese, segnando l'accesso ad una fase nuova, diversa dalle precedenti. 28 ottobre 1922, 18 aprile 1948, 27 marzo 1994: l'inizio del Ventennio fascista nel 1922, dopo la Prima Guerra mondiale; la vittoria democristiana nelle prime elezioni libere dopo la dittatura, che apriva le porte all'assetto politico della Prima repubblica, destinato a durare fino al 1994, cioè fino alla "discesa in campo" di Silvio Berlusconi. Tre momenti della nostra storia che hanno la capacità di gettare luce sul "carattere degli italiani", su ciò che non è transitorio perché parte della cultura e del costume nazionale (nel senso non banale che a questi termini può essere attribuito). L'ultimo libro di Ernesto Galli della Loggia - "Tre giorni nella storia d'Italia" (Il Mulino) - si occupa di questo.
Cos'hanno in comune le tre date che lei prende in considerazione?
Nulla. Segnano un inizio e una fine, la fondazione di una fase nuova nella nostra storia nazionale: nel '22 inizia il Ventennio, nel 1948 la cosiddetta Prima Repubblica e nel 1994 la Seconda. Sono delle svolte, dei tornanti in grado di insegnarci delle cose interessanti sul nostro paese.
Sulla scorta dell'analisi storica che lei conduce, identifica un modello politico tipicamente italiano scandito in alcuni punti: li vuole passare rapidamente in rassegna a beneficio dei nostri lettori?
La tendenza alle contrapposizioni frontali tra parti diverse del paese che si considerano nemiche (è un'eredità del Risorgimento, aggravata dalla storia successiva). Come conseguenza di ciò si ha la sindrome del "nemico interno", per cui il sistema politico tende a trasformarsi in "regime", negando che vi possa essere un'alternativa accettabile a chi sta al potere. La dimensione della legittimazione/delegittimazione assumere quindi un ruolo decisivo nelle sorti politiche; di qui il trasformismo, che deriva anche dalla difficoltà tipicamente italiana a presentare le alternative politiche in quanto tali, come la cosa più naturale che vi possa essere in democrazia. Per la sommatoria di questi dati strutturali, i passaggi di regime si realizzano grazie ad interventi per così dire esterni (squadrismo fascista, minaccia sovietica, "mani pulite") e in modo traumatico, con l'intento programmatico di conservare il meno possibile della fase precedente. In realtà sappiamo invece che nella storia la "vischiosità" è sempre molto elevata.
(Estratto dall'intervista pubblicata l'11 giugno nelle pagine culturali de "La Provincia" di Como)
© RIPRODUZIONE RISERVATA