Cultura e Spettacoli
Giovedì 02 Febbraio 2012
Nella cura dei ricordi
il tempo può riaprirsi
L'Emdr è un metodo in uso nella psicoterapia, per il trattamento dei disturbi post traumatici da stress (Ptsd). Ne ebbe un'intuizione casuale, nel 1987, la psicologa americana Francine Shapiro, che ne mise a punto il protocollo: la parola è acronimo di "eye movement desensitization and reprocessing" (desensibilizzazione e rielaborazione tramite i movimenti oculari). Vai ai sito italiano dei terapeuti Emdr. Guarda un video didattico sull'Emdr, realizzato negli Usa.
A pensarci, è davvero singolare - per non dire paradossale - il rapporto che oggi intratteniamo con la memoria. Da un lato l'idea di perderla a causa di qualche demenza, mentre la vita s'allunga, ci terrorizza. Dall'altro, con sempre maggiori risultati riusciamo a intervenire sul peso dei ricordi remoti, migliorando nettamente la qualità del vivere. Anche per questo, non può lasciare indifferenti, sul piano filosofico, la notizia che i naufraghi della nave Concordia siano stati curati con l'Emdr, la terapia di de-sensibilizzazione più in voga nella cura dei disordini post traumatici da stress.
Il trattamento psicologico, risolutivo di una serie di disagi (insonnia, panico, somatizzazioni), specie se praticato a poca distanza dal trauma, sembra confermare l'intuizione che le esperienze negative si congedano dalle nostre vite soltanto nel ricordo: un'idea del filosofo Max Scheler già ben presente nel pensiero di Agostino di Ippona. Tuttavia, anche senza scomodare i grandi teorici del passato, siamo di fronte ad un'intuizione abbastanza comune: prima ci sbarazziamo di una memoria spiacevole o triste, meglio stiamo.
Ma proprio l'Emdr - che la cronaca ha contribuito a far conoscere al grande pubblico - suscita alcune domande interessanti, che possono aiutarci a comprendere meglio l'attività della nostra mente.
Come si interviene sul ricordo? In secondo luogo, siamo sicuri che la terapia messa a punto da Francine Shapiro negli anni Ottanta operi sulla sola rappresentazione (il fatto traumatico) e non sul tempo? Dare una risposta affermativa al secondo quesito, come si cercherà brevemente di fare, è molto interessante, perché illumina - in via sperimentale, non soltanto teorica - sulla possibilità di riaprire il tempo. Un tabù della fisica e un assurdo logico, essendo impossibile modificare i fatti. Eppure, proprio questo fa l'Emdr. In breve, il paziente rievoca l'evento traumatico, lo rivive, rivedendosi in esso e lo modifica. La stimolazione bilaterale del sistema nervoso centrale, tramite i movimenti oculari (o il tamburellamento delle dita, oppure le stimolazioni uditive), agisce sulle reti neurali, ove si trova immagazzinata l'informazione (traumatica) in modo disadattivo, trasformandola in modo adattivo.
Questa «fisioterapia del cervello», secondo la definizione dello psicologo Giuseppe Nava, sembra favorire l'immedesimazione nel passato, attraverso l'evocazione dell'immagine dell'episodio critico. Un esempio è ben raccontato nel volume, da poco in libreria, dal titolo "Maternità interrotte" (San Paolo, 276 pag., 15 euro): una donna aveva scoperto, nella relazione terapeutica, che la depressione di cui soffriva dipendeva da un aborto fatto in gioventù.
Con la metodica dell'Emdr si rivide ragazzina e coglie lo spavento, il senso di abbandono patito e successivamente rimosso. Risultato: non si giudica più severamente, ma in qualche modo prova pena per quella giovane che era. Sul piano dei sintomi, il disagio psichico progressivamente viene superato. Nessuna magia. La paziente non ha sognato una rappresentazione di sé. Attraverso un processo di attenzione, visualizzando il ricordo (traumatico) ha notato tratti che la mente aveva rimosso. Il cervello funziona (anche) così, congelando le emozioni che non può metabolizzare, annullando e dissociando (D. S. Schreiber, "Guarire", Sperling & Kupfer). Però a volte qualcosa viene occultato; se ne perde traccia in modo consapevole, ma l'ostacolo resta come un doloroso intralcio alla vita. Contrariamente a quanto sosteneva Sigmund Freud, l'Emdr contrasta l'idea che l'inconscio sia fuori del tempo. Ritrovare un ricordo obliato, come un trauma infantile rimosso, implica entrare in quel tempo perduto: se ciò succede, è soltanto perché anche quel contenuto mantiene qualcosa della temporalità originaria. Oltre a confermare, in questo, il pensiero del filosofo Edmund Husserl, l'approccio terapeutico rinforza anche la l'ipotesi della rigenerazione temporale come l'aveva scoperta il padre della fenomenologia.
Nella metodica psicoterapeutica si dà a vedere, in modo esplicito, un legame tra il tempo e il senso, tra l'esperienza fisica e il significato che le appartiene. Husserl aveva indicato nell'attenzione lo strumento mentale per questo processo parallelo di arricchimento. A ben pensarci, la paziente che rimemora se stessa, giovane donna in attesa di abortire, "vede" qualcosa che prima d'ora le era sfuggito, la propria fragilità; quell'attenzione nuova le restituisce la percezione di com'era allora e di come è oggi. In più le permette di riguadagnare un frammento temporale non pienamente vissuto, in quanto (all'epoca del trauma) non pienamente compreso. Impiegato con successo nel trattamento delle vittime di attentati terroristici, come il crollo delle Torri gemelle a New York nel 2001 o nella cura dei disturbi psicologici dei reduci americani dall'Iraq, l'Emdr non manca di suscitare critiche, tra gli specialisti, specie per la fragilità teorica a fronte del robusto riscontro empirico.
Il legame con la temporalità può risultare decisivo al suo riconoscimento e alla pratica come valido strumento terapeutico. Per la filosofia, invece, il dialogo con i risultati sperimentali della metodica può significare una ridiscussione radicale del discorso cronologico, rilanciando come fondate le intuizioni di Walter Benjamin sul tempo redimibile e sulla discontinuità. Il tempo ci appartiene sempre, a patto che gli conferiamo un significato.
Parole all'apparenza difficili, che un genio come Woody Allen ha reso con ritmo travolgente in "Midnight in Paris", là dove mostra il protagonista che "entra" nel passato (torna agli anni Trenta) salendo su una vettura (la macchina del tempo, vi dice qualcosa?) popolata di memorie (Hemingway, Dalì): quando ne esce, oltre a sapere qualcosa in più sulla storia e se stesso, sta persino meglio.
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