Cultura e Spettacoli
Martedì 17 Marzo 2009
Fuori i tesori d'arte:
nuove idee per i musei
Dai reperti della Ca' Morta all'opera del Ghirlandaio in Pinacoteca, dai documenti voltiani ai disegni di Sant'Elia. Va in pensione lo storico direttore Lanfredo Castelletti: è l'occasione per riflettere sul museo dell'arte a Como
di Barbara Faverio
Il cambio della guardia ai vertici dei musei civici comaschi, con il pensionamento del direttore Lanfredo Castelletti, non segna solo il passaggio di consegne fra uno storico operatore culturale della città e il suo successore. Al di là della mera occasione amministrativa, il rinnovamento ai vertici della struttura che gestisce i musei civici - l’archeologico «Paolo Giovio» e l’attiguo museo storico intitolato a Garibaldi, oltre alla pinacoteca di palazzo Volpi e al Tempio Voltiano - potrebbe essere il momento di una riflessione sulle politiche museali, di un ripensamento che ponga le premesse della gestione del patrimonio cittadino per il futuro, anche alla luce di esperienze confrontabili in altre città e che puntano a una diversificazione delle proposte, alla creazione dell’evento, alla valorizzazione del patrimonio locale e alla messa a tema di spunti offerti dal territorio (o anche più banalmente dal calendario). Certo il museo appare sempre meno solo il luogo della conservazione. La cultura in bacheca sempre più spesso lascia il posto all’interazione con il territorio, allo scambio con altre strutture. Laboratori, convegni, eventi trasversali al mondo dello spettacolo o mostre monotematiche possono rappresentare il volano per raccolte poco conosciute al grande pubblico. Una politica che sta dando grandi frutti all’Accademia di Brera, da anni impegnata in una strategia di promozione che passa per la valorizzazione dei suoi gioielli più pregiati. L’esempio più recente è rappresentato dallo "Sposalizio della Vergine" di Raffaello: la celebre pala, una delle icone della collezione milanese, è stata recentemente restaurata e, nell’ambito delle celebrazioni per il bicentenario della pinacoteca, è stata ricollocata nel percorso di visita. Al di là del richiamo che inevitabilmente essa eserciterà sul pubblico, creando un polo d’attrazione per l’intera raccolta, è illuminante l’inserimento dello stesso laboratorio di restauro - ospitato all’interno di un box trasparente - all’interno dei percorsi didattico-espositivi del museo. I lavori peraltro sono stati trasmessi in tempo reale sul sito web di Brera. Mostra-evento costruita attorno a un recente restauro anche a Firenze: grande affluenza di pubblico ha registrato "L’amore, l’arte, la grazia" appena conclusasi a Palazzo Medici Riccardi, che aveva come protagonista d’eccezione la Madonna del Cardellino di Raffaello, appena restaurata e "prestata" dagli Uffizi. A Como i "gioielli" non mancano, come non mancano i grandi spunti offerti dal territorio, dalla sua storia culturale e dalle sue vocazioni. Un’inchiesta realizzata dal nostro giornale nel settembre scorso sul tema della grandi mostre aveva elencato alcuni fra i capolavori che non sfigurerebbero come poli d’attrazione di mostre tematiche: dai disegni di Sant’Elia alle opere del Ghirlandaio e del Bronzino custoditi in Pinacoteca, dal carro della Ca’ Morta, al Museo archeologico, al Volume Magnum, in Archivio di Stato, altra miniera di tesori. Ma quante mostre si potrebbero organizzare mettendo a frutto il patrimonio su Paolo Giovio, Plinio il Vecchio o Alessandro Volta - tra l’altro quello a lui dedicato è l’unico mausoleo al mondo in memoria di uno scienziato. Ancora: la quadreria dell’ospedale Sant’Anna, da poco ristrutturata, potrebbe fornire l’ossatura di una mostra di ritratti da allestire in collaborazione con la Pinacoteca. E perché non creare eventi che valorizzino storia e protagonisti del tessile comasco? L’esempio virtuoso del Museo del Tessuto della Fondazione Ratti - si pensi alle mostre più recenti dedicate a Carla Badiali e Guido Ravasi - potrebbe fare scuola.
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"Integrare le collezioni
con tecnologie e progetti"
Fiorenzo Galli è direttore generale del Museo nazionale della Scienza e della Tecnologia «Leonardo da Vinci» di Milano.
Dottor Galli, quali sono, a suo avviso, le metodologie e gli strumenti più adatti per far rivivere un museo?
La strada principale da seguire è quella di investire sul capitale umano. È vero che da sempre, e oggi la situazione non va certo migliorando, le istituzioni museali possono contare su scarse risorse economiche. Ma è proprio per questo che dobbiamo investire sulle persone. Il presupposto della strategia di azione del Museo che dirigo è rappresentato proprio dall’investimento nel capitale umano che deve essere attuato in una logica di insourcing delle figure professionali. Dal 2001 a oggi, in netta controtendenza, siamo passati da 34 a 100 dipendenti che coprono le funzioni chiave per lo svolgimento delle attività primarie e per lo sviluppo di contenuti di elevata qualità in tutti gli ambiti.
In che modo un museo "tradizionale" può coinvolgere il pubblico?
Lo staff deve essere in grado di interpretare le esigenze del pubblico e di integrarle con il patrimonio storico del museo in un confronto sempre attivo con altre esperienze internazionali. Nel nostro caso specifico attuiamo una comunicazione scientifica e una metodologia educativa basate sul cosiddetto approccio "informale": integriamo cioè tanto la dimensione storica di un museo tradizionale (con i suoi oggetti "statici") pur esemplificandola con metodologie interattive, quanto la dimensione di uno science center con attività di laboratorio non frontale, conferenze, convegni, teatro scientifico, eventi, concerti, corsi di formazione.
Manuela Moretti
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"Più scambi di opere
con altri grandi musei"
Gabriele Mazzotta è direttore dell’omonima, prestigiosa Fondazione milanese per l’arte.
Dottor Mazzotta, quali sono gli strumenti che permettono alla sua Fondazione una così ricca attività espositiva e culturale?
Gli strumenti sono dati dall’esperienza: io sono editore dal ’66 e la Fondazione è dell’88, quindi i miei collaboratori ed io abbiamo accumulato una grande esperienza internazionale, sia per i libri che per le mostre. Ho collaborato con istituzioni importanti, dal Museo D’Orsay al Centre Pompidou, poi ho realizzato mostre in Svizzera, Spagna, Germania e altri Paesi. Si tratta di una serie di esperienze accumulate cha danno un "know-how".
Come rendere l’arte più accessibile al pubblico?
Insistere meno sulle mostre monografiche e puntare sulle mostre tematiche o sulle altre culture: per esempio la mostra "Samurai", che c’è attualmente a Milano a Palazzo Reale, sta inaspettatamente avendo un successo enorme.
Come si mantiene vivo un museo?
La città esempio in Italia è Torino dove da circa tre mesi è stato inaugurato il Nuovo Museo d’Arte Orientale (MAO): 70 mila visitatori in tre mesi. Per rilanciare i Musei Civici, ritengo sia necessaria un’operazione di publicizzazione degli stessi, oltre a uno sfruttamento dei fondi che questi hanno e a un loro utilizzo come scambio con altri musei con contenuti simili. È necessaria una dinamica di scambio e di promozione. Ad esempio, il Museo Archeologico di Como, che è molto buono, ne individui uno simile per scambiarsi le opere, magari con una tematica accattivante e popolare.
Manuela Moretti
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