Fabrice Pascal Quagliotti: «Tante voci dal mondo per la mia musica»

Anima dei Rockets, annuncia ora il suo secondo progetto da solista: l’album “Undo”

Lo scorso anno aveva stupito i suoi fan, sempre numerosissimi in tutto il mondo, pubblicando il suo primo album da solista e presentandolo a Villa Olmo – perché Como è da tempo la sua casa – in un concerto indimenticabile, pieno di giochi di luce, di effetti futuristici e, soprattutto, di tanta musica.

È Fabrice Pascal Quagliotti, fin dalla seconda metà degli anni Settanta anima dei Rockets, storica band che abbiamo recentemente rivisto in scena con un nuovo look all’Arena di Verona per il grande spettacolo per celebrare i 60 anni di Amadeus. Ma ora è il momento di “Undo”, che viene pubblicato domani in cd e in 33 giri (anche trasparente), un nuovo disco che segue l’esordio in solitaria di “Parallel worlds”, ampliando il discorso di quel lavoro. «Con il mio discografico Roy Tarrant abbiamo discusso di un nuovo album e mi ha detto che sarebbe stato interessante se ci fossero state anche delle canzoni. Io avevo già delle melodie e anche dei testi in mente e così è iniziato questo nuovo lavoro».

Quindi c’è stato un lavoro sulle voci.

Soprattutto una ricerca meticolosa. Le parti cantate appartengono a più artisti che arrivano da diversi Paesi, passando dalla Francia al Marocco, Inghilterra, Canada e anche Africa. È stata un’esperienza molto arricchente per me. Mi ha permesso di mescolare delle culture musicali differenti: io amo i mix culturali.

Come si differenziano questi lavori solistici dagli album dei Rockets?

Da una parte la mia anima è sempre Rockets e in due brani questo spirito viene fuori. Però da solo posso lavorare senza paletti, uscendo da quello che è il sound tipico associato alla band, portando avanti qualsiasi idea che mi viene in mente: è una bella libertà.

E i punti di contatto con “Parallel worlds”?

Il primo brano, “Suite power”, riprende il discorso musicale che avevo intavolato in quel disco. Quindi è un legame con il passato, già nel futuro. Da “I’m on fire” la musica cambia. È un brano electropop con Rose White, una cantante londinese bravissima, che ritengo perfetta per questo pezzo.

“Là – bas” ha un forte legame con l’attualità.

L’ho scritta di getto, in un quarto d’ora, dopo avere visto un telegiornale con i servizi sulla guerra. Non voglio parlare del conflitto, ma dei morti innocenti: questa strage mi colpisce molto. Al contrario “Couldn’t care” parte da un loop di synth che mi piaceva tantissimo. Spesso parto da un suono o da una sequenza per creare un brano. Ad esempio in “Heartbeat” c’è uno dei suoni che sfrutto di più, perché mi emoziona, mi piace.

Vengono utilizzate sia tastiere analogiche che suoni digitali.

Mi piace mescolarli. Ho una libreria incredibile di plug-ins, ma non ne utilizzo mai nessuno così com’è. Poi c’è sempre il pianoforte acustico, come in “All I hear”, che è una ballad ancora con Rose, ma anche con Axel Cooper che ha creato un drop electro affascinante.

Anche “Recommencer” è una ballata.

Volevo cantarla in francese, ma la mia voce non era adatta. Questo ragazzo di 17 anni di Parigi, Sow, l’ha interpretata in modo bello, fresco.

E veniamo ai brani più “Rockets”.

“Go round go down” l’ho iniziata strimpellando la chitarra, che non è il mio strumento.

È un buon metodo di composizione?

C’è una prospettiva diversa, ti fa venire in mente idee che magari con il piano non avresti mai avuto. Per “No sound”, invece, sono partito da un provino in finto arabo, perché sentivo che la il brano si adattava alle sonorità di quella lingua. Ho collaborato con Shinobi, un giovane del Marocco che ha costruito il testo seguendo le mie indicazioni. Il risultato mi ricorda i Daft Punk.

Che ricordano i Rockets... Il finale è quasi un omaggio a Satie.

“Lifted” è musica classica, solo piano, violino e orchestra ed è un modo per riallacciarsi a “Parallel worlds”, alla fine come all’inizio.

Non resta che da spiegare il titolo, “Undo”.

Significa rifare, ripartire, perché ogni volta che lavoro da solo è come un nuovo inizio, ma anche perché ognuno di questi brani è stato rielaborato più volte per arrivare a una versione che mi piacesse e adesso sono davvero molto soddisfatto. Spero che piaccia a chi mi ha sempre seguito.

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