«Il sogno della vita»: Eros Pagni
“Tempesta” al Sociale

Intervista al carismatico attore, oggi e domani in scena a Como con un adattamento da Skakespeare

La parola performante di Shakespeare sarà ancora protagonista, stasera, giovedì 12 dicembre, e domani, nella Stagione Notte del Teatro Sociale di Como. Nelle due serate, alle 20.30, il calendario ci propone “La Tempesta” considerato il canto d’addio del Bardo e certamente uno dei suoi scritti più affascinanti ed enigmatici, che proietta temi universali in una dimensione mitica e atemporale.

A Como, il pubblico vedrà il celebre testo riletto, con originalità, dal regista Luca De Fusco. In scena, nei panni del mago Prospero, un intenso Eros Pagni. Anche questo attore di grande carisma, che ha costruito una carriera lunga e propizia, si accinge ad affrontare un personaggio cardine del teatro, che tradizionalmente, è il punto d’arrivo per i migliori. (I biglietti per assistere allo spettacolo costano da 32,50 a 15,50 euro compresi di prevendita. Info: www.teatrosocialecomo.it).

Pagni, come si sente nell’indossare la maschera di Prospero?

È una prova bella e gratificante perché questo personaggio, nella storia del teatro, è sempre stato una tappa fondamentale. Non parlo soltanto dell’evoluzione artistica dell’attore, per cui Prospero è un punto d’arrivo, ma anche per lo stesso Shakespeare che, secondo la tradizione, per il suo addio alle scene scelse, come simbolo questo “mago”, facendogli pronunciare parole di scusa verso tutti coloro che potrebbe aver offeso in tanti anni di teatro.

In effetti, “La Tempesta” è, in qualche modo, una sintesi del teatro shakespeariano…

Sì, vi troviamo citati moltissimi dei temi e dei personaggi che questo grandioso autore ha creato nel corso della sua scrittura. Compaiono tutti qui, come per un commiato.

Parliamo di questa particolare “Tempesta” in cui Luca De Fusco avrebbe “interiorizzato” l’azione, nella mente di Prospero.

Cosa ci può raccontare di questa scelta registica?

Non parlerei tanto di interiorizzazione quanto di un’azione modernizzatrice. Basti pensare che, se il testo originale è lungo oltre quattro ore, qui si arriva a meno della metà. In un lavoro di asciugatura così importante, sono necessarie delle variazioni sostanziali. In particolare, con un’operazione che a me sembra molto intelligente, De Fusco ha tratto dal testo originale i contenuti più importanti, quelli essenziali che danno forza ad un testo non sempre omogeneo.

Prospero vive tutta l’azione nella sua testa, con la trasformazione dell’azione in pensiero?

Il mago è chiuso nel suo studio e non ha contatti con tutto ciò che accade all’esterno. Tutta l’azione è chiusa nella sua testa. Anche in questo, vale la scelta registica di cui abbiamo parlato prima. Non si ricorre a fronzoli e a trucchi ma si lascia allo spettatore la possibilità di immaginare tutte quelle magie e quei “trucchi” che Prospero custodisce nella mente.

Altro elemento interessante riguarda i personaggi di Ariel e Calibano…

Sì perché qui si è scelto di farli interpretare entrambi ad un’unica attrice. Essi diventano qui, ancora di più, le due anime dello stesso protagonista. Il positivo e il negativo.

Si coglie un’impronta psicanalitica?

Certamente. Infatti vediamo Prospero che non stabilisce mai un contatto visivo con i personaggi che lo circondano, come se fossero sue emanazioni.

Nella sua lunga e luminosa carriera, che rapporto ha stabilito con Shakespeare?

Sarà ormai il mio settimo o ottavo Shakespeare e ogni volta è una scoperta che varia sensibilmente a seconda del momento storico o personale che viviamo.

E oggi, quale lezione può impartirci il Bardo?

Non glielo so spiegare. Il segreto, se si può svelare, si palesa sera dopo sera, determinato dalla ricettività del pubblico. Io so soltanto che, come dice Prospero: «Siamo fatti anche noi della materia di cui son fatti i sogni; e nello spazio e nel tempo d’un sogno è racchiusa la nostra breve vita».

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