«La banalità dell’odio che viaggia nei social»

Teatro il drammaturgo e attore Borghesi oggi al Sociale in “Gli altri, gli haters, chi sono?”: «Testo nato da un’indagine spiazzante»

Per chi, nella prosa cerca non solo classici o spettacoli brillanti, ma anche il mondo contemporaneo e i suoi temi più dibattuti, apre, questa sera, alle 20.30, al Teatro Sociale di Como, il ciclo “Prosa off”. È di scena “Gli altri, gli haters, chi sono? Indagine sui nuovissimi mostri”, della compagnia Kepler-452. In scena vedremo Nicola Borghesi, che è anche autore e regista dello spettacolo, insieme a Riccardo Tabilio.

La drammaturgia è uno studio sugli “haters”, gli odiatori, coloro che, nell’era social, riversano il proprio risentimento nei commenti (ma non solo) a post di qualsiasi tema e su ogni piattaforma. I biglietti sono in vendita su www.teatrosocialecomo.it e alla biglietteria del Teatro a 20 euro più prevendita. Info; 031/270170.

Borghesi, perché uno spettacolo teatrale sugli haters?

Il testo nasce da un’ossessione. Mi sono accorto di provare una curiosità spiccata per tutti i fenomeni legati alla Rete e in particolare, di essere attiratissimo dai commenti, più o meno nefandi, ai post sui social. Spesso sono stato tentato di andare a visitare i profili delle persone che usano parole così rancorose. Da lì, ho capito che questa mia fissazione meritava un approfondimento.

Cosa è successo dopo?

Io e Riccardo Tabilio ci siamo messi sulle tracce di una di queste figure e abbiamo stabilito un contatto che ci ha dato l’occasione di dialogare e cercare di comprendere i motivi di certe affermazioni estreme.

Che cosa avete scoperto?

Posso dire che l’esperienza è stata spiazzante ma anche banale, nello stesso tempo. A priori, avevamo pensato ad una persona cattiva. La sorpresa è stata poi il capire di essere di fronte ad un individuo “normale” (qualunque cosa questa parola significhi) desideroso, tra l’altro, di raccontarsi.

Abbiamo conosciuto una persona dalla quale, all’apparenza, non ci si aspetterebbe mai un comportamento intollerante ed aggressivo. In realtà, nell’osservazione, abbiamo scoperto che sono i piccoli dettagli a fare la differenza. Lo spieghiamo durante lo spettacolo.

Dove porta questa vostra indagine?

Quello che non vogliamo è dare risposte certe, giudizi affrettati e un po’ pretenziosi, formulati dall’alto della certezza di superiorità. È facile dirsi che non potremmo mai comportarci in quel modo, pensando, parlando e scrivendo in toni violenti e retrivi. Porsi di fronte agli haters in atteggiamento sprezzante e ironico non serve e nulla e anzi impedisce di comprendere fino in fondo il fenomeno. Quello che abbiamo cercato di fare, partendo proprio dall’incontro con quell’hater, è stato scavare, prima di tutto, dentro di noi, ponendoci domande ben più interessanti e complesse: ci sono differenze tra noi e “loro”? Siamo stati o potremmo essere come questi “altri”? C’è qualcosa che ci mette al riparo dall’odio, dall’aggressività, da comportamenti come quelli espressi dai “leoni da tastiera”? Ecco, questo è il nodo centrale della nostra riflessione, nella quale vogliamo coinvolgere gli spettatori.

Il fenomeno degli haters è molto diffuso. A suo modo di vedere esistono degli antidoti, come, ad esempio, l’accostarsi alla cultura?

La cultura non è utile se è calata dall’alto, se incarna un concetto di Bello, stereotipato e museale. In quel caso, rischia addirittura di diventare uno strumento di emarginazione per chi ne è escluso e non ha gli strumenti per comprenderla.

Se coniughiamo la cultura con il dialogo, la relazione, la capacità di immaginare, allora c’è la possibilità che questo possa aiutare.

Come è costruito lo spettacolo?

Possiamo definirlo a metà tra una prova di narrazione e un reportage. Il tono è volutamente informale e il ritmo è frammentato, a riprodurre lo “scrolling”, ovvero quel veloce e compulsivo scorrere da un post all’altro, che rappresenta oggi per giovani e meno giovani, la principale fruizione dei social.

Una scelta non casuale…

Certo. Anche perché più veloce è il tempo della fruizione, minore è la capacità di concentrazione e proprio questo elemento sta alla base del deflagrare della rabbia.

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