Quelle scienziate comasche da riscoprire

Mostra su Teresa Ciceri e Candida Perpenti al Tempio Voltiano, sabato 27 maggio un percorso guidato

Como non è stata, finora, particolarmente generosa con le sue “figlie”. Ha proceduto più lentamente di altri territori nel riscoprire e riconoscere l’apporto femminile al “genius loci”. Ben venga, dunque, una mostra come “Donne di scienza”, inaugurata lo scorso 28 aprile al Tempio Voltiano, dove rimarrà allestita fino al 5 novembre prossimo, con la possibilità, quindi, di essere visitata da persone di tutto il mondo durante la lunga stagione turistica già cominciata, grazie ai pannelli bilingui.

L’iniziativa si deve al Comune di Como, assessorato alla Cultura, ed è stata coordinata da Veronica Vittani e Gianmarco Cossandi, rispettivamente responsabile e conservatore storico dei Musei Civici. Le donne omaggiate sono due: Teresa Ciceri e Candida Lena Perpenti. Il luogo scelto per ricostruirne la vita e le scoperte attraverso una serie di pannelli e alcuni cimeli non è casuale: entrambe, infatti, conobbero Alessandro Volta, con il quale, come sottolinea Cossandi nella miniguida di 16 pagine che accompagna la mostra, «condividevano la curiosità  per la natura e per quelle sperimentazioni legate ad applicazioni pratiche o ai bisogni del quotidiano: in questo - osserva - si dimostrano pienamente donne del loro tempo attente agli ideali dell’Illuminismo».

Il legame di Teresa Ciceri con Volta e con Como fu fortissimo, quello di Candida Lena Perpenti decisamente più occasionale. Nessuna delle due nacque nella città lariana. Teresa, infatti, era originaria di Angera sul lago Maggiore (dove non a caso Volta scoprì il metano), e comasca lo divenne per matrimonio: a vent’anni sposò Cesare Liberato Ciceri e con lui andò a vivere in un «austero palazzo» (ricordi suoi) in contrada della Maddalena, attuale via Diaz 32, dove diede alla luce ben 12 figli. I carichi familiari, cui si aggiunsero significativi debiti dal 1799 quando morì il marito, non le impedirono di coltivare la passione - anzi, vocazione - per le scienze agrarie. Nel 1777 chiese all’amico Volta di portarle dei “pomi di terra” dal viaggio di studi che intraprese in Svizzera e in Francia assieme a Giovan Battista Giovio e così introdusse per prima la coltivazione delle patate in Lombardia nei suoi poderi di Camnago. Inoltre, con il coinvolgimento dei parroci, estese la nuova coltura in altre città, applicandosi anche per inventare ricette che rendessero i tuberi graditi ai contadini. Il 1° febbraio 1786 fu la prima donna ad essere accolta per meriti scientifici nella Società Patriottica di Milano, che la insignì anche di una medaglia d’oro: non solo e non tanto per le famose patate, ma soprattutto per aver messo a punto un metodo per filare tessuto dalla scorza dei lupini. Un’impresa apparentemente effimera, rispetto al successo ottenuto dai “pomi di terra” sulle nostre tavole, ma che allora dovette apparire una preziosa invenzione per mitigare periodi di crisi nella produzione del cotone e della seta.

Maria Candida Medina Coeli - questo il nome all’anagrafe - nasce nel 1764 a Chiavenna da una famiglia altolocata. A Como si trasferì per studiare e vi conobbe il futuro marito Giovanni Lena Perpenti, con il quale visse a Pianello del Lario. Rimase molto colpito osservando un fuso con del filo di amianto, forse proveniente da Ercolano e allora posseduto da Cesare Gattoni, canonico ed ex compagno di scuola di Volta, nonché proprietario del laboratorio di fisica insediato nella torre di famiglia che ancora oggi porta il suo nome. Il fatto che l’amianto fosse ignifugo e che risultasse presente in discrete quantità nelle rocce della Valtellina e della Valmalenco, spinse Candida Lena Perpenti a inventare uno strumento per poter filare fino a ricavarne pizzi e merletti,. Non solo, «rese possibile cucire abiti per i pompieri. Un’idea che viene raccolta dall’imprenditore Antonio Vanossi», come ci ricorda uno dei pannelli della mostra. Inoltre, «sempre in amianto, realizza anche dei fogli di carta speciale e un inchiostro resistenti al fuoco», di cui invia un campione proprio «all’amico Alessandro Volta». Questi risultati le valsero una medaglia d’argento e una d’oro - prima donna a ottenerla da un ente che per regolamento non ammetteva donne tra i suoi membri - da parte dell’Istituto Nazionale Italiano con cui nel 1796 Napoleone aveva sostituito la Società Patriottica.

Certo, l’amianto oggi è bandito, dopo che se ne sono scoperti gli effetti cancerogeni, ma Candida è comunque ricordata come una benefattrice della salute pubblica. Il suo primo amore, infatti, fu la medicina, e in collaborazione con Luigi Sacco studia e diffonde nelle nostre terre il vaccino contro il vaiolo messo a punto dall’inglese Edward Jenner. «È grazie al suo esempio e al suo impegno nella promozione della profilassi contro il vaiolo che si deve l’introduzione del vaccino nel territorio di Como». Si interessò anche di botanica e nel 1815, durante un’escursione in Valsassina, scopri un fiore non ancora catalogato, al quale diede il nome dell’arciduca Ranieri e che fu poi classificato come Campanula Raineri Perpenti.

Diverse iniziative collaterali accompagneranno la mostra, a partire dalla passeggiata “Attorno a Volta. Sulle tracce di Teresa Ciceri e Federico Frigerio”, condotta da chi scrive e che ci porterà sabato 27 maggio a scoprire il lascito dell’agronoma amica dell’inventore della pila e quello del progettista del Tempio Voltiano, del quale ricorre il 150° anniversario della nascita. Info e iscrizioni al link http://attornoavolta.eventbrite.it.

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