Sergio Fabian Lavia: «Vivere nel flusso e ritrovare l’ascolto»

L’intervista Chitarrista, trapiantato dall’Argentina a Menaggio, presenta il suo nuovo album: “Flujos”

È uscito alla fine di novembre e, senza dubbio, lo si potrebbe definire un disco controcorrente, per ben due motivi: il primo, perché ognuna delle 6 tracce contenute in esso dura tra i 7 e i 12 minuti, quasi «un tempo fuori da questo tempo» abituato com’è alle cose brevi e veloci, al mordi e fuggi dei 2 minuti e mezzo di un qualunque brano radiofonico.

Il secondo, perché dentro nasconde l’invito, e allo stesso modo, la sfida, di fermarsi ad ascoltare, di rallentare il battito cardiaco, di riflettere, di riconoscere e riconoscersi nel suono, nella vibrazione, nella bellezza. Un disco così controcorrente non poteva che chiamarsi “Flujos” e arrivare da quel musicista eclettico, curioso e appassionato che risponde al nome del chitarrista, compositore, cantautore, sound artist e docente argentino Sergio Fabian Lavia, menaggino di adozione, così innamorato del lago da ricoprire, da molti anni, il ruolo di direttore artistico del Festival della Chitarra di Menaggio, avvalendosi del supporto prezioso della sua compagna d’arte e di vita Dilene Ferraz, presente in questo disco con due cammei di flauto e voce.

Sergio, partiamo dal titolo. Cosa significa “Flujos”?

“Flujos” in spagnolo significa “flussi”, e già questo introduce il tema dell’intero disco, che è quello della continuità sonora e del continuum temporale. Sono sempre stato attratto dall’idea del suono come qualcosa che c’è in modo costante e non è chiuso in una scatoletta musicale della durata di pochi minuti.

Quando ti è venuta l’idea di dare vita a questo disco?

Il tutto è partito diversi anni fa, nel sud del Portogallo, dove ho abitato per un periodo. All’epoca, da quelle parti, c’era pochissima gente e io, per un anno, tutti i giorni, a mezzogiorno, per un’oretta, andavo ad “ascoltare il mare”. Grazie a questo lavoro, a metà tra meditazione, attesa e scoperta, mi sono reso conto che, ad ascoltare davvero bene, il rumore delle onde è sempre variabile, e lo spazio intorno crea una sorta di stereofonia naturale. Da allora, mi sono interessato alla questione, sfiorandola in alcune delle mie composizioni. Solo con “Flujos”, però, ho deciso di andare a fondo del tema.

L’“ascolto”, in termini di educazione e stimolo, è anche uno degli obiettivi di questo disco.

Assolutamente sì. Siamo in un’epoca prevalentemente visiva o audiovisiva, in cui siamo molto più consci di quello che guardiamo piuttosto che di quello che ascoltiamo. Abbiamo perso l’abitudine di ascoltare i dettagli di un suono, di apprezzarne la forma, di dargli valore al di là delle immagini, ma credo che valga la pena recuperare questa capacità.

Che tipo di approccio e di strumentazione hai utilizzato in “Flujos”?

Io nasco come chitarrista classico, ma da tantissimo tempo esploro la dimensione della musica elettronica. Negli anni, ho sviluppato un rapporto tra queste due specialità programmando una piattaforma, che utilizzo anche per i live, grazie alla quale l’elettronica diventa una sorta di protesi della chitarra. In “Flujos” ho messo a punto una tecnica che mi permette, esattamente come fa un direttore d’orchestra, di far interagire tra loro diverse fasce di suono, che non hanno un inizio o una fine, ma continuano, si intersecano e incontrano la sperimentazione. Questo è un album principalmente basato sull’improvvisazione, ovviamente studiata e preparata, ma che si svincola dalla scrittura rigorosa dei miei lavori precedenti.

Ognuna di queste composizioni è un mondo, capace di stimolare un immaginario diverso. Come ci si approccia ad esse?

Mi piace l’idea che chi ascolta possa “entrare” nei brani in ogni momento, da ogni parte e con pazienza, perché, anche se parti dalla metà, non ti senti spiazzato, non ti senti come se avessi perso qualcosa . Il flusso dà l’idea di infinito. Qui, anche la voce perde la sua componente narrativa ed emotiva e diventa puro suono, puro flusso, appunto.

Il disco è disponibile sulle principali piattaforme di streaming, gratuitamente su bandcamp e sul sito sergiolavia.com.

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