Timi: «Un mondo dentro
che esplode in scena»

L’attore oggi e domani al teatro Sociale di Como con il monologo “Skianto”, da lui scritto e diretto

È affidata al talento vulcanico di Filippo Timi, la Prima della Stagione di Prosa del Teatro Sociale di Como. Questa sera, mercoledì 20 novembre, e domani, alle 20.30, il calendario della sala prevede infatti la messinscena di “Skianto”, monologo scritto e diretto dallo stesso Timi.

Potremmo dire che sarà un “debutto nel debutto”, visto che, in occasione dell’incipit di stagione, lo spettacolo che verrà presentato non è la versione originale del 2014, ma un riallestimento a produzione Teatro Franco Parenti e Teatro Stabile dell’Umbria, che debutta proprio al Sociale, dopo lunghe prove in loco. Da Como, poi, “Skianto” partirà per una tournée italiana di quattro mesi. Per assistere allo spettacolo nelle due date del Sociale i biglietti costano a 28 a 13 euro più prevendita, info 031-270170 e www.teatrosocialecomo.it).

A svelarci le novità e le caratteristiche di questo lavoro è lo stesso Filippo Timi, personalità carismatica delle scene italiane, ma anche attore di cinema, regista, scrittore, drammaturgo e molto altro. Timi torna al Sociale a cinque anni di distanza dal monumentale e provocatorio “Don Giovanni” che fu tra gli eventi di punta di quella stagione.

Timi, come nasce “Skianto”?

Dopo l’esperienza di “Don Giovanni”, uno spettacolo “tutto fuori”, corale e esposto, sentivo l’esigenza di concentrarmi su un lavoro più intimo, “tutto dentro”. Scelsi allora di scrivere un monologo ispirato all’esperienza di una mia cugina, amatissima, Daniela. Come lei, infatti, il protagonista di “Skianto” è nato con la “scatola cranica sigillata”, a causa di una malattia che impedisce di parlare e di relazionarsi con l’esterno. Daniela ha sempre abitato vicino alla mia famiglia e fin dall’infanzia, frequentandola, l’ho sempre vista come un mistero, una figura enigmatica. Mi sono sempre chiesto quali pensieri e quali immagini racchiuda la sua mente, isolata dal mondo. Da lì è nata in me l’ispirazione per “Skianto”. Il personaggio che vedrete in scena è dunque isolato e nel suo mondo interiore, immagina la sua vita, immagina di realizzare i suoi sogni, si raffigura mondi e confini da superare. Quella che potrebbe sembrare una prigione è invece un tripudio di vita, che va oltre ogni logica. La vita sprizza da tutti i pori. È irrefrenabile e dolcissima.

Per raccontare questa storia dolceamara, lei usa diversi codici linguistici. Perché?

Il protagonista parla in dialetto perugino, una vera “lingua madre”, quella forma espressiva che per me rende possibile rappresentare la concretezza, a differenza di quanto potrebbe accadere utilizzando l’italiano più aulico e letterario. Inoltre è importante la presenza in scena della musica. Per questo riallestimento, ho scelto di lavorare con Salvatore Langella, un giovane musicista che suonerà e canterà. Abbiamo deciso di tradurre in napoletano alcune notissime canzoni pop (del resto il pop è la cifra dello spettacolo, in molte componenti) per proporle poi al pubblico in una forma rivoluzionata.

Oltre al perugino, dunque, si parlerà ( o meglio si canterà) in napoletano. Perché?

Perché è una lingua melodiosa e di grande musicalità, adatta allo scopo che volevamo raggiungere. In realtà, l’ho scelta dopo aver visto in rete un video in cui due ragazze napoletane, le EbbaneSis, hanno tradotto nel loro dialetto “Bohemian Rhapsody” dei Queen. Il risultato era talmente convincente che ho deciso di gettarmi in un’operazione analoga.

Il protagonista di “Skianto” mostra dichiarate analogie con la figura di Pinocchio. Perché?

Come Pinocchio è prigioniero di un ciocco di legno e poi si emancipa, diventando un bambino, un essere umano, così il nostro protagonista forza la prigione dell’isolamento per “schiantarsi contro la vita”, per dichiarare il proprio esistere e la propria ricchezza interiore.

Un sogno possibile?

Assolutamente sì. Da parte sua, il personaggio non ha incertezze su questo e credo che questo valga per tutti coloro che si sentono isolati, emarginati, chiusi fuori dalla vita. C’è sempre la possibilità di evadere e di godere dell’esistenza.

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