Living Divani, anno di svolta: nuovo Ceo e crescita super

Il comando dell’azienda di Anzano del Parco alla seconda generazione; nel 2021 ricavi aumentati del 40%. Carola Bestetti: «La spinta della digitalizzazione; in Brianza necessario sviluppare più collaborazione tra imprese»

Carola Bestetti è Ceo di Living Divani, azienda di design specializzata in imbottiti. Dal 2003 ha affiancato i genitori, Renata Pozzoli e Luigi Bestetti, occupandosi inizialmente dell’export. Negli anni si è poi dedicata allo sviluppo, in sintonia con l’art director Piero Lissoni, fino a subentrare alla guida dell’azienda che ha segnato un +40% nel 2021 sul 2020 e nei primi sei mesi del 2022 è già a quota +15% sul 2021.

Quali sono le ragioni della forte crescita dell’arredo in questi due anni?

Dal ’20 al ’22 le aziende del nostro settore hanno visto una crescita inaspettata. Stando a casa, ci si è resi conto della necessità di spazi confortevoli. Alcuni personaggi executive si sono resi conto di non avere il comfort al quale erano abituati, e non potendo né viaggiare, né vestirsi, hanno dirottato la spesa sull’arredo. Questo orientamento del mercato è stato uno dei motori della crescita che però ha riguardato soprattutto l’alta gamma, perché in parallelo c’è stata anche una forte ricerca di qualità da parte di chi ha rinnovato casa. Inoltre, in Italia, hanno dato una maggiore spinta al mercato gli incentivi: il bonus mobili ha permesso che si decidesse di investire su prodotti che magari erano nei desiderata ma che, senza quella misura di sostegno, non avrebbero mosso la decisione di acquisto.

E per quando riguarda Living Divani?

Eravamo un’azienda consolidata da prima della pandemia. In particolare ci ha aiutato l’aver mantenuto negli anni una coerenza molto forte, identitaria, un elemento che si è rivelato ancora più importante in un momento così particolare per rendersi visibili e riconoscibili. Inoltre è stata l’occasione per dare una accelerazione al nostro brand anche attraverso gli strumenti digitali: abbiamo incrementato le informazioni, il ricorso a video e approfondimenti, così abbiamo potuto coinvolgere i consumatori a casa.

Il digitale come driver strategico di sviluppo: a che punto siamo?

Il ricorso agli strumenti digitali per il marketing e la comunicazione è una strada che noi e il sistema Italia in generale abbiamo appena iniziato. Negli ultimi anni rispetto all’Europa c’è stato un forte incremento ma, forse, è accaduto in questa dimensione ora perché prima eravamo rimasti un poco indietro. Il digitale non sostituirà l’esperienza fisica, ma ci potrà permettere di raggiungere paesi lontani e mercati difficili.

Ora dovremo implementare anche la digitalizzazione per quella parte della gestione dell’azienda che riguarda l’interno processo produttivo ed è questa la sfida del prossimo futuro. Non sarà semplice, ma il processo di digitalizzazione è in corso già dal 2015. Nel 2016 abbiamo automatizzato il magazzino, poi ampliato e nel 2018 abbiamo acquisito più spazio per altri macchinari interni.

Siamo un’azienda che produce all’ordine, la media dei divani prodotti è di 3 metri e 20, difficile pensare di fare magazzino. Questo ci ha portato a rivedere i vari processi all’interno della produzione che devono essere funzionali e lineari. L’ottimizzazione è ancora in corso.

Quali margini ci sono per crescere ancora e quali i limiti?

C’è un potenziale inespresso molto grande. Per incrementare lo sviluppo è necessario gestire al meglio l’organizzazione interna perché quando si arriva ad avere visibilità e la richiesta ha una crescita esponenziale, bisogna anche essere in grado di rispondere. Per questo stiamo espandendo lo spazio per i macchinari: stiamo installando una nuova macchina per il taglio della pelle e per l’imballo. Siamo in un processo di ottimizzazione che riduce la dispersione di tempo, ma ci sono dei limiti dimensionali. Essere un’azienda di piccole dimensioni ci permette di essere agili e flessibili, ma abbiamo poi difficoltà per gli importanti investimenti che servono a ottimizzare i processi interni.

Rappresenta la seconda generazione dell’azienda di famiglia: come è stato il passaggio di testimone e quanto incide il rinnovo della governance nei processi di innovazione?

Riuscire a gestire il passaggio generazionale è di aiuto per dare un’ulteriore spinta all’innovazione.Le aziende del nostro territorio sono in genere delle imprese familiari di piccole e medie dimensioni. Come distretto siamo, penso, un sistema artigianale evoluto anche per la tipologia di prodotto, dove la componente umana ha una importanza molto elevata. La nostra azienda, peresempio, ha 64 dipendenti. Questa dimensione aiuta molto il passaggio generazionale. Nel nostro caso è stato graduale e, negli ultimi mesi del 2021, c’è stato il passaggio effettivo, anche se informalmente si ragiona sempre in tre: i miei genitori ed io. Inoltre all’interno dell’azienda molte persone sono legate ai fondatori, c’è un continuo dialogo, a volte anche qualche resistenza, ma si condividono gli obiettivi e questo serve a rendere tutti partecipi del perché si prendono decisioni e della direzione intrapresa.

Quali competenze sono il vostro specifico?

La ricerca dei materiali è uno dei pilastri fondamentali che ha portato Living Divani al livello attuale. Oggi è davvero molto importante utilizzare prodotti di qualità come materie prime e ci avvaliamo di una filiera molto corta, a km zero. Ora purtroppo molto frammentata: nel tempo abbiamo perso diversi interlocutori, soprattutto durante la pandemia e sappiamo quanto sia importante il sostegno alla filiera nel nostro distretto.

Qual è il rapporto con i designer che si è costruito nel tempo?

La collaborazione con i designer rappresenta un valore aggiunto. Nel 2022 se non si comunica non si vende e da questo punto di vista essere legati a nomi importanti conferisce un vantaggio anche dal punto di vista commerciale. Da oltre trent’anni il nostro brand è legato al nome di Piero Lissoni che ha dato una linea all’azienda, Dal 2009 si è diversificata molto la platea dei nomi con cui collaboriamo. Non ho scelto la strada più commerciale, ma ho preferito proporre un palcoscenico ai giovani di talento che hanno difficoltà a raggiungere una certa visibilità. Questa scelta si sta dimostrando positiva perché tra i giovani designer che hanno disegnato per noi ci sono nomi che ora sono riconosciuti.

Al Salone del Mobile ha invitato il distretto della Brianza a fare sistema, cosa intendeva?

Si parla molto di questa idea di costruire un sistema tra aziende, ma non siamo particolarmente bravi. Eppure abbiamo gli stessi fornitori, analoghe aspirazioni per i mercati più impegnativi, siamo avviati in percorsi di digitalizzazione e sostenibilità che coinvolgono le aziende nella loro interezza. Confrontarsi tra imprenditori e con aziende che hanno già concluso questi percorsi potrebbe essere di grande aiuto per ottenere certi risultati. Penso alle certificazioni o al bilancio di sostenibilità. Ma fare sistema è una strada illusoria se non si coinvolge la filiera, dove ci sono interlocutori da cui è ancora difficile ottenere informazioni, per esempio, sulla provenienza dei materiali. In questo senso fare sistema potrebbe significare ottimizzare tempo e risorse: per esempio, uno tra i tanti, con un consulente esterno unico per accompagnare i passaggi generazionali.

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