Gravedona, il giallo dell’evaso
Il papà: «Gli hanno sparato»

Il padre di Massimo Riella, fuggito nei boschi il 12 marzo, presenta una denuncia ai carabinieri. E racconta i retroscena di un incontro avvenuto venerdì tra il figlio e gli agenti della polizia penitenziaria. I dubbi della figlia

Si arricchisce di un nuovo giallo l’inchiesta sull’evasione di Massimo Riella, 48 anni, scappato il 12 marzo scorso sfruttando un permesso ottenuto dal Tribunale per far visita alla tomba della madre morta poche settimane prima.

Nella giornata di lunedì, il padre di Massimo, Domenico Riella, 80 anni, si è presentato in caserma dai carabinieri di Gravedona denunciando la scomparsa del figlio. Il motivo di questo ennesimo colpo si scena sarebbe legato al fatto che il padre da giorni – per tutto il fine settimana almeno – non riceverebbe notizie del figlio. Ed è stato proprio in base a questa denuncia formalizzata davanti ai militari dell’Arma, che è emerso un precedente di venerdì scorso che ha aggiunto il nuovo tassello ad una storia sempre più complicata.

Pare infatti che l’8 aprile il genitore avesse un appuntamento con il figlio tra i monti di Brenzio, proprio nei pressi del cimitero da cui Riella era evaso. Qui le versioni fornite dal genitore e dalle forze di polizia diventano subito discordanti. Pare tuttavia che a quell’incontro si siano presentati non solo Massimo e Domenico Riella, ma anche almeno un agente della polizia penitenziaria. Qualcosa non è andato per il verso giusto e l’evaso sarebbe nuovamente scappato. Pare che in quel momento siano anche stati esplosi colpi di arma da fuoco in aria. Fatto sta che da quel giorno, venerdì della scorsa settimana, l’evaso non ha più contattato la famiglia e il padre non ha più avuto sue notizie. Il padre, in un video su corriere.it, ha invece parlato di colpi esplosi ad altezza d’uomo.

Assieme alla Penitenziaria, hanno comunque ripreso a battere i boschi dell’Altolago nel punto indicato dell’incontro, facendo tutte le verifiche del caso, comprese le eventuali ricerche del corpo. In mano al padre di Massimo Riella sarebbe rimasto, subito dopo la nuova fuga, il suo zaino. Se la versione raccontata dal genitore fosse vera, il figlio non dovrebbe aver fatto molta strada. Al momento le ricerche sono state però vane. Anche la figlia Silvia, intervistata da La Provincia sul numero oggi in edicola, sostiene di non dubitare delle parole del nonno, specificando che ogni tre-quattro giorni arrivavano alla famiglia notizie sull’uomo in fuga.

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