Sciopero finito, si ricomincia a sparare
In cinque giorni uccisi 87 cinghiali

Tremezzina: la svolta dopo le proteste delle doppiette lariane e l’incontro con la Regione. De Angeli: «C’era troppo burocrazia nelle regole»

Mai come in questo caso a parlare sono i numeri. In un mese sono stati abbattuti, in caccia di selezione, 477 cinghiali, 272 dei quali a Como, 127 a Varese, 66 a Lecco e 12 a Brescia (dove la caccia è iniziata da pochi giorni).

Numeri questi forniti da Regione Lombardia, cui si associa un altro dato di assoluto rilievo, che riguarda in presa diretta il Comprensorio Alpino di Caccia delle Prealpi Comasche. Qui 110 su 125 cacciatori abilitati alla caccia al cinghiale lo scorso 4 giugno hanno deciso di deporre le carabine (anche se alla fine nessuno è andato a caccia): troppa burocrazia e stop all’allettamento alimentare i principali motivi della protesta, che ha ben presto valicato i confini provinciali.

Le istituzioni si sono subito attivate e alla fine il 19 giugno a Como l’incontro con l’assessore regionale con delega a Caccia e Pesca, Fabio Rolfi, ha sbloccato la situazione. Con 1 chilo di mais ogni 50 ettari, meno vincoli sulla geolocalizzazione degli abbattimenti (inizialmente da effettuare addirittura tramite app) e due ore in più di caccia dopo il tramonto (contro l’ora iniziale), i risultati non sono tardati ad arrivare.

E’ il presidente del Comprensorio Alpino di Caccia delle Prealpi Comasche, Livio De Angeli, a confermare a “La Provincia” che nel territorio che va da Menaggio al Bisbino passando per la Val d’Intelvi sono stati abbattuti ad oggi 92 cinghiali, di cui 87 nelle cinque giornate di caccia dopo il 19 giugno, cioè dopo lo stop della protesta.

L’articolo completo su La Provincia di giovedì 4 luglio

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