Delitto di Rodero
«Volevo farla stare zitta»

Il processo a Lugano nei confronti di Michele Egli, accusato dell’omicidio della cognata Nadia Arcudi. La testimonianza davanti ai giudici

«Pensavo solo a farla smettere di urlare. Non volevo ucciderla». Michele Egli, 43 anni di Coldrerio, nell’aula del tribunale di Lugano ha raccontato la sua versione a riguardo dell’omicidio della cognata, Nadia Arcudi, 35 anni, la maestra di Stabio il cui cadavere fu trovato nell’ottobre del 2016 in una scarpata a lato della strada che dal valico del Gaggiolo porta a Rodero, nel territorio di quest’ultimo comune.

Secondo l’ordinamento giudiziario elvetico, l’uomo è accusato di assassinio, turbamento della pace dei defunti, appropriazione indebita (ripetuta), falsità in documenti (ripetuta) e truffa (ripetuta). L’omicidio era avvenuto la sera di venerdì 14 ottobre 2016 nella casa della donna, a Stabio.

Come raccontato da Ticino Online, che ha seguito in diretta il processo, Michele Egli ha risposto alle domande del giudice Amos Pagnamenta, ammettendo fin da subito che aveva un debito nei confronti di Nadia, che aveva conosciuto dopo essersi fidanzato con la sorella Manuela, con la quale poi si è sposato. «Nel corso degli anni era diventata la mia migliore amica, come una sorella».

Ha così ammesso di farle numerosi regali: «Era solo un modo per dimostrarle che le volevo bene e anche un pretesto per passare più tempo con lei». Il dubbio è che ci fosse qualcosa in più di una semplice amicizia, anche sulla base del fatto che nel portafoglio di Egli erano state trovate 17 foto della cognata, contro le 3 della moglie.

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