«In corsia per 41 anni, ma il primo paziente non l’ho dimenticato»

Ronago Gianni Roncoroni va in pensione con una festa organizzata insieme a due amici, pure loro a fine carriera. E rievoca le gioie e i dolori del lavoro da infermiere

«Era un bel ragazzo, alto, robusto. Avrà vent’anni per sempre. Mi ha lasciato le sue scarpe da pallone, dicendo che a lui non sarebbero più servite. Le ho conservate come una reliquia».

A Gianni Roncoroni, spuntano ancora le lacrime agli occhi, quando pensa a quel ragazzo, uno dei suoi primi assistiti, strappato alla vita proprio quando fioriva. «Gli raccontavamo storie, per incoraggiarlo. Forse non ci credeva, ma era la nostra sfida, la nostra speranza», dice Gianni con la voce spezzata e sono passati 40 anni.

Già, perché per quarantuno anni, Gianni è stato infermiere all’ospedale Sant’Anna, in particolare nel reparto di pneumologia, quarantauno anni di turni giorno e notte, quarantauno anni a fianco dei pazienti e chissà a quanti ha stretto la mano sulla soglia del destino.

I pazienti, ricordo solo i pazienti: per loro ho scelto la professione di infermiere

«I pazienti, ricordo solo i pazienti – sottolinea- per loro ho scelto la professione di infermiere » e si accinge a partecipare alla grande festa organizzata al campo sportivo di Ronago. Una festa collettiva per Gianni Roncoroni, Gianni Moletta e Massimo Ballerini: tre amici per la pelle, residenti tra Ronago ed Uggiate Trevano e andati in pensione insieme. In tre, quasi il simbolo di una generazione che lascia il lavoro, ma non le proprie radici, la propria compagnia, la propria passione.

Come Gianni Moletta: alla festa, è quello che “taglia il prosciutto”, perché nessuno sa trattare il prosciutto come lui. Ha cominciato a 22 anni nel confezionamento di salumi pregiati e poi s’è fatto frontaliere, nella ditta numero uno del comparto in Canton Ticino e forse anche nella Confederazione.

Tanto bravo ed apprezzato da finire in copertina su una rivista ticinese e confederata, la sua foto a tutta pagina. « Mi hanno sempre dato fiducia, i miei datori di lavoro ticinesi – quasi si schermisce – io penso di aver portato oltreconfine la mia competenza, maturata in una ditta italiana, ma ho trovato un bellissimo ambiente, grande collaborazione, ho stretto legami personali duraturi».

La soddisfazione

Soddisfatto, certo, « per aver contribuito al successo della mia ditta», ma con una nota appena appena di preoccupazione: « Il momento critico è il passaggio generazionale, in tanti settori, non solo economici », afferma, mentre guarda ed è guardato con orgoglio insieme ai compagni di gioventù e di pensione.

E durante la festa dei neopensionati, anche Massimo Ballerini sta sempre lì, dietro un’affettatrice di prelibatezze da servire ai commensali. Per 48 anni, è stato operaio nel campo delle macchine utensili. « Quarantotto anni e mezzo – precisa – ho cominciato a lavorare a 14 anni, in una ditta ticinese importante. Sono stato uno dei primi dipendenti, in quella ditta e il lavoro mi è sempre piaciuto». Quasi cinquant’anni da lavoratore italiano pendolare di confine: che cosa è cambiato? «Cambiato, ma non più di tanto. Alla fine è’ sempre lavoro ».

Mai un discorso: il trio dei neopensionati parla con la musica e le scanzonate della sua New Giavana Band che ha contribuito a rifondare.

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