Bonifica Ticosa, c’è un ricorso al Tar
E intanto il Comune annulla la gara

Strascichi legali del pasticcio fatto sull’appalto da 4 milioni per la rimozione dell’amianto - Adesso Palazzo Cernezzi vuole rifare tutta la procedura, ma c’è l’incognita di altre contestazioni

Gli esperti di diritto l’avevano previsto e, nelle ultime ore, a Palazzo Cernezzi si è materializzato il primo ricorso al Tar sull’appalto per la bonifica della Ticosa. A presentare l’istanza al tribunale amministrativo regionale la società E.co.ste.ma, l’azienda che era risultata vincitrice, ma che poi aveva deciso di rinunciare all’appalto poco prima della firma del contratto con una serie di contestazioni mosse al Comune che l’ha dichiarata “decaduta”.

Nel frattempo, però, il dirigente del settore Gare e contratti Andrea Romoli Venturi ha formalizzato l’annullamento della procedura in autotutela sottolineando che, entro il termine di 10 giorni dall’avvio del procedimento, «non sono pervenute memorie o documenti né sono state formulate richieste di accesso agli atti» da parte delle aziende ammesse alla gara. Questo, però, non esclude che ci possano essere ulteriori ricorsi.

In ogni caso la volontà dell’amministrazione - vale la pena sottolineare che la visione dei dirigenti non è unanime a riguardo visto che, ad esempio, la titolare dell’Ambiente aveva proposto di assegnare l’appalto alla terza azienda classificata - è quella, a questo punto, di rifare tutta la procedura. Questo significa che ci vorranno altri mesi per individuare chi dovrà finire la bonifica andando a rimuovere l’amianto dalla “cella 3” con un appalto da 4 milioni di euro.

Nel documento pubblicato ieri il dirigente, nel firmare il provvedimento di stop, ricostruisce anche la vicenda ribadendo che non c’erano alternative poiché tutto era viziato da due errori. Il primo è la mancata correzione di alcuni documenti di gara con le modifiche della categoria relativa ai requisiti delle aziende partecipanti (serve la 5C e non la 5F, come inizialmente previsto dal bando poi rivisto su richiesta del settore Ambiente) e la conseguente mancata pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale (è stato fatto solo sulla piattaforma informatica Sintel) che, secondo l’attuale dirigente, avrebbe invalidato tutto a cascata. E il fatto che le società partecipanti fossero a conoscenza della modifica «non consente di ritenere sanato il profilo di illegittimità».

Il secondo nodo, invece, riguarda il quando si doveva essere in possesso del requisito di iscrizione all’albo: se fin dalla presentazione delle offerte o prima dell’avvio dei lavori (in questo caso, quindi ottenibile anche con subappalto). Possibilità, la seconda, prevista inizialmente al punto che nelle risposte alle richieste di chiarimento il ricorso al subappalto era ammissibile. Indicazione definita ora «fuorviante» poiché «il subappalto non può sopperire alla carenza in capo al concorrente del possesso del requisito dell’iscrizione nell’albo».

Caos burocratico

Dal documento emerge che tre concorrenti hanno confidato in questa soluzione tra cui il secondo classificato «che non può né essere escluso dalla gara (ha la categoria 5F e non la 5C, ma la otterrebbe con il subappalto, ndr) né risultare aggiudicatario dell’appalto (ma questo, secondo il dirigente, non rispetta i dettami normativi, ndr)». Un pasticcio insomma e, da qui, la decisione di annullare tutto e di non aggiudicare al terzo classificato che, invece, avrebbe tutti i requisiti. E potrebbe anche decidere di bussare ai giudici.

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