Como: scuola, non si apre
La rabbia dei ragazzi
«Fateci tornare»

Anche seconde e terze medie da lunedì dovranno restare a casa per la zona rossa. Al Setificio banchi e lezioni all’aperto per protesta

«Finiremo il liceo in camera nostra?». La domanda, scritta su un cartellone portato in piazza Volta durante la protesta degli studenti, al momento non ha una risposta. Certo, con l’ingresso della Lombardia in zona rossa, il rientro a scuola per le superiori si allontana ancora di più. Non solo, insieme a loro, da lunedì cominceranno la didattica a distanza anche i ragazzi di seconda e terza media. Resteranno in presenza, invece, tutti gli altri.

«Siamo pronti – commenta con amarezza la preside dell’istituto comprensivo Como Rebbio Daniela De Fazio – però mi dispiace perché la scuola stava funzionando, i contagi sono pochissimi e non c’erano problemi. Per questo, ritengo sia una decisione ingiusta poiché il problema è all’esterno, non all’interno degli istituti. Per i ragazzi sarà un colpo duro da reggere perché ci tengono molto a venire in aula: stiamo provocando un malessere a un’intera generazione, che non potrà essere curato o sradicato».

Le nuove indicazioni

Come confermato da una nota del Ministero dell’Istruzione diffusa nel pomeriggio, nelle aree italiane caratterizzate da uno scenario di “massima gravità e da un livello di rischio alto”, cioè le zone rosse come la Lombardia, «restano in presenza i servizi educativi per l’infanzia, la primaria e il primo anno della secondaria di primo grado. Le attività didattiche in tutti gli altri casi si svolgeranno esclusivamente con modalità a distanza». Resta comunque salva la possibilità, come accade ora, «di svolgere attività in presenza qualora sia necessario l’uso di laboratori o per garantire l’effettiva inclusione scolastica degli alunni con disabilità e in generale con bisogni educativi speciali».

Ieri mattina, per ribadire la loro voglia di tornare in aula, sono scesi in piazza, mantenendo le distanze e con la mascherina, gli studenti delle superiori lariane: una settantina circa i partecipanti al presidio organizzato dall’Unione degli studenti in piazza Volta. Tanti gli striscioni appesi, fra cui “Diritto allo studio subito” e “Più trasporti per un rientro sicuro a scuola”.

Fra i punti sollevati, oltre al ritorno in presenza, ci sono stati il trasporto, la salute mentale e lo stato degli edifici scolastici cittadini. «Ci vuole una rivoluzione dei mezzi affinché siano pubblici, gratuiti e soprattutto sostenibili – è la posizione di Carlo Dominioni, iscritto al Ciceri –, è inaccettabile che il Governo e le istituzioni, nel giro di questi mesi, abbiano solo reiterato la distruzione della nostra mobilità. Noi a scuola ci vogliamo tornare con i mezzi pubblici, il distanziamento e la mascherina».

La socialità manca

Le richieste si concentrano pure sugli spazi: per i partecipanti al presidio, dove non ci sono vanno creati, sfruttando per uso didattico magari le strutture inutilizzate.

«Siamo soddisfatti – commenta Margherita Balestrini, dell’Uds Como e studentessa del Volta – si vede la voglia di tornare in classe. Ho rivisto alcuni miei compagni che non vedevo da febbraio: la socialità manca».

Iniziativa originale anche al Setificio, partita da alcuni studenti, condivisa con i docenti e autorizzata dal preside Roberto Peverelli. L’obiettivo era lo stesso: manifestare la propria volontà di tornare a scuola. Così, in quindici (di cui tredici iscritti all’indirizzo scientifico) si sono seduti ai propri banchi, collocati all’esterno dell’istituto, e hanno seguito le lezioni, monitorati dai docenti. «Tutto è avvenuto rispettando il dovuto distanziamento e utilizzando le mascherine – spiega Peverelli – e credo sia stata un’idea positiva».

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