Coronavirus, calano i contagiati
«Ma il Lario resta un’area a rischio»

Il dato dei nuovi positivi va meglio: +37. Quattro i morti registrati ieri in provincia di Como. Studio di Fondazione Gimbe: pericolo “zona rossa”

Sono quattro le nuove vittime del coronavirus in provincia di Como, che portano il totale dei decessi a quota 462. Ieri la curva di crescita del contagio ha subito un rallentamento: 37 i tamponi positivi in più in provincia, per un totale di 3.244. È andata meglio del giorno precedente e di quello prima ancora, quando i positivi erano stati rispettivamente 53 e 78.

A livello regionale la frenata è ancora più evidente, e questa volta non c’entrano i tamponi. Ne hanno fatti tanti, 11.048 (totale 376.943), ma soltanto 598 si sono rivelati positivi. Dall’inizio dell’epidemia i lombardi che hanno contratto il virus sono stati 75.732. Sempre ieri si è lievemente ridimensionata anche la curva, purtroppo sempre ascendente, dei decessi: se ne sono registrati 93 (totale 13.772), contro i 104 del giorno prima e i 126 di quello prima ancora.

Meno ricoveri

Non solo: i report regionali confermano il trend dell’ultima settimana, un trend ormai consolidato, quello che riguarda il progressivo alleggerimento della pressione sugli ospedali. Nelle terapie intensive lombarde ci sono 605 pazienti, che sono ancora tanti ma pur sempre 29 meno di mercoledì. I reparti di terapia non intensiva hanno invece dimesso 286 pazienti. A tutt’oggi ce ne sono 6.834. Per quanto riguarda le altre province, e Varese in particolare, che nei giorni scorsi aveva dato numeri simili ai nostri, non troppo confortanti, va registrato un sstanziale pareggio sul giorno precedente. I casi positivi di ieri sono 48 in più (il giorno prima erano stati 51 in più) per un totale di 2.667 malati dall’inizio dell’emergenza.

Intanto si pensa al dopo. Se all’inizio della fase 2 il contagio dovesse riaccendersi è pronto un piano di chiusure immediate. E tra le dieci province italiane considerate più a rischio c’è anche Como.

Il ministero della Salute ha messo a punto un programma per creare in fretta delle nuove zone rosse alla luce dei possibili focolai. Verranno valutati i nuovi casi positivi, i ricoveri, i letti occupati nei reparti covid e nelle terapie intensive, la situazione nelle Rsa, l’indice di contagiosità ormai noto come R con 0, gli accessi al pronto soccorso, ma anche la capacità di effettuare dei test rapidi. Sopra ad una certa soglia d’allarme scatteranno di nuovo le misure fin’ora imposte dal lockdown. C’è già la bozza della circolare ministeriale. Le Regioni in particolare dovranno essere in grado di monitorare almeno il 60% dei casi sintomatici notificati, di quelli ricoverati in ospedale e terapia intensiva e anche minimo il 50% degli elenchi dei casi nelle Rsa..

Tra la comparsa di febbre e polmonite e il tampone dovranno passare massimo tre giorni.

Territorio a rischio

Tra i territori più a rischio c’è anche il nostro. Lo dice uno studio della Fondazione Gimbe che da tempo monitora gli andamenti provinciali del coronavirus. Viene incrociato l’incremento dei casi nell’ultima settimana con il numero di infezioni per 100mla abitanti. Si colora così una mappa dell’Italia. Como è rossa, insieme ad Asti, Piacenza, Savona, Biella, Torino, Sondrio, Genova, Alessandria e Pavia. Il modello di Gimbe segnala Ragusa, Gorizia e Chieti in forte avanzamento. L’elaborazione sulla base dei dati della protezione civile divide le province e le regioni in quattro diverse aree. La rossa è l’area calda, con un’alta prevalenza e un numero percentuale in crescendo di casi. L’arancio indica un “riscaldamento” con una prevalenza ancora bassa, ma una crescita percentuale di casi. Il giallo invece rappresenta un raffreddamento, quindi un’alta prevalenza, ma una riduzione dei casi in corso. Infine il verde, l’area fredda con numeri bassi su tutti i fronti.
R. Cro.

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