Coronavirus, così è cambiato l’ospedale
Una rivoluzione in quindici giorni

Lo sforzo per trasformare il Sant’Anna e aiutare tutti - Una corsa contro il tempo che oggi può considerarsi vinta, nonostante gli ostacoli strutturali

Como

Uno dice: l’ospedale è nuovo, sarà perfetto per gestire un’emergenza sanitaria come quella del coronavirus. E invece, a dispetto degli sforzi di professionisti che non si stanno risparmiando sul fronte della lotta al Covid, il “nuovo” Sant’Anna si è rivelato una struttura tutto sommato pensata male, difficile da rivoluzionare di fronte a situazioni simili. Ma una rivoluzione, nelle ultime tre settimane, c’è stata eccome.

Come già avuto modo di ribadire nel corso delle ultime settimane, la chiusura dell’ospedale alla possibilità per la stampa di confrontarsi con le figure in prima linea nell’emergenza coronavirus, impedisce di dar conto delle affermazioni che abbiamo raccolto sulla riorganizzazione dell’ospedale, punti di forza e di debolezza (che, in quanto struttura pubblica deputata alla nostra salute, dovrebbero essere alla portata di tutti).

Da qui l’esigenza di raccontare ciò che è stato fatto, e le relative e inevitabili difficoltà incontrate, facendo nostre le informazioni raccolte da fonti confidenziali.

Comitato di crisi

Partiamo dagli aspetti positivi: l’abnegazione - e il livello di preparazione - di chi lavora al Sant’Anna. Al netto dei sanitari in prima linea per curare i pazienti, dietro alle quinte operano squadre impegnate ogni giorno a garantire l’approvvigionamento dei farmaci (impresa ardua, visto l’incremento esponenziale di alcuni medicinali), dei presidi di autoprotezione, a garantire il funzionamento dei servizi (a partire dalla quantità di ossigeno da erogare a pazienti tutti con gravi problemi respiratori), a incrementare il numero di posti letto a disposizione sia della terapia intensiva, sia dei nuovi reparti Covid.

Sul fronte rivoluzione, dopo i primi giorni di inevitabile caos per gestire un’emergenza inedita dai numeri clamorosi, si è deciso - partendo dalla patologia, che abbraccia assieme malattie infettive malattie polmonari - di prendere come figure di riferimento per la riorganizzazione gli infettivologi, gli pneumologi e i rianimatori. Tre figure che si sono trovate a lavorare all’interno di un comitato di crisi che detta le modalità di gestione dell’ospedale.

Con tutti i limiti strutturali del Sant’Anna di San Fermo, l’ospedale è stato letteralmente rivoluzionato. La rianimazione ha ampliato a 32 i posti letto a disposizione (partendo da 12). Accanto alla rianimazione è stato creato un reparto di pneumologia con una cinquantina di posti letto, di cui una quarantina collegati all’ossigeno per il funzionamento delle cpap. Il pronto soccorso è stato sdoppiato, da un lato quello per le urgenze ordinarie (comunque garantite), dall’altro quello per le urgenze Covid. Più difficile - visto com’è stato costruito l’ospedale - separare in modo netto i cosiddetti percorsi sporchi (ovvero con il passaggio di pazienti positivi al virus) da quelli puliti. Su questo fronte il vecchio Sant’Anna, con la sua divisione in padiglioni, sicuramente era più funzionale a separare nettamente i percorsi e i reparti.

L’Obi, ovvero il reparto creato accanto al pronto soccorso, è diventato a tutti gli effetti un ulteriore reparto Covid, così come una parte della chirurgia è stata ripensata. Complessivamente la metà dei pazienti ricoverati (circa 250/300) sono pazienti positivi al virus.

I problemi strutturali

Una rivoluzione funzionale, a dispetto (e qui vendiamo all’aspetto negativo) legato alla struttura del Sant’Anna. I nuovi ospedali sono stati pensati quasi come strutture alberghiere chiuse o, più prosaicamente, come un centro commerciale unico in cui convivono differenti realtà.

Questo modello ha reso più complicata la possibilità di trattare una patologia, soprattutto infettiva, con una logica del “chiudo tutto e mi concentro solo su quello”. Una struttura pensata per la rivoluzione sanitaria portata avanti in questi anni - e finita sul banco degli imputati soprattutto per via dei tagli - ma non funzionare per prevedere afflussi massicci di pazienti. E nonostante tutto, la risposta è arrivata. Merito di chi da un mese è in prima linea per tutelare la nostra salute.n 
P.Mor.

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