Coronavirus: dolore nelle case di riposo
«Non è un vecchio, è il mio papà»

La drammatica testimonianza di un ristoratore con il genitore ricoverato a Dizzasco. «Non lo vedo ormai da 40 giorni, le sue condizioni sono serie. E non posso nemmeno salutarlo»

«Non vedo mio papà da oltre 40 giorni. Venerdì mi hanno detto che ha la febbre alta, che la situazione si è aggravata, non me lo sarei aspettato. Dicono che il coronavirus colpisce gli anziani, i vecchi, ma lui non è solo un “vecchio”, lui è il mio papà». Giorgio Lorenzoni, 81 anni di Moltrasio, è ricoverato presso la casa di riposo Sacro Cuore di Dizzasco.

La moglie Wilma e il figlio Gabriele, noti per la gestione della “Trattoria del Fagiano” di Tosnacco di Moltrasio, non lo vedono da oltre un mese per via delle restrizioni dovute all’emergenza sanitaria e, pochi giorni fa, è arrivata la telefonata che non avrebbero voluto ricevere.

Situazione peggiorata

«Purtroppo la situazione è questa – spiega Gabriele – anche se oggi (sabato, ndr) mi hanno detto che la febbre è scesa e la situazione sembra essere migliorata. Speriamo. Papà è stato ricoverato circa tre anni fa per l’Alzheimer, ma andavamo a trovarlo ogni giorno. Qualche giorno fa ci ha chiamato il dottore dicendo che mio papà aveva febbre alta e tosse, è stata una mazzata al cuore perché non me lo sarei aspettato».

Non ci sono certezze che si tratti di coronavirus perché non sono ancora stati fatti tamponi, ma di questi tempi la mente non può che portare lì e proprio questo è il sospetto del figlio Gabriele. Quello che provoca sofferenza in questo difficile momento, è anche il fatto di non potergli stare vicino. «Pare ci siano altre persone all’interno della struttura con febbre alta – prosegue Gabriele – dovrebbero dare precedenza con i tamponi alle case di riposo visto che gli anziani sono considerati i soggetti più a rischio, eppure sembra che non possano fare nulla. Ci vuole più tutela anche per gli operatori sanitari che lavorano all’interno: se mio padre dovesse aver preso il covid-19, di certo non posso averglielo trasmesso io che non lo vedo da oltre un mese. Quel personale sanitario, poi, torna a casa da padri, madri e figli. E’ giusto seguire tutte le regole che ci vengono imposte, ma chi si occupa di sanità deve essere super tutelato».

Tamponi agli operatori

Proprio ieri, sono arrivati nella struttura di Dizzasco trenta tamponi che faranno luce sulla situazione per scongiurare un eventuale rischio di focolaio, se qualcuno all’interno dovesse essere affetto da coronavirus. Un problema comune a livello nazionale e che ha generato molta preoccupazione: secondo le ultime disposizioni del Ministero dell’Interno, però, «è necessario adattare una strategia che individui priorità per l’esecuzione dei test diagnostici per SARS-CoV-2, per assicurare un uso ottimale delle risorse e alleviare, per quanto possibile, la pressione sui laboratori».

Tra i soggetti con priorità per eseguire il test, ci sarebbero proprio operatori sanitari esposti a maggior rischio, anche asintomatici, delle RSA e altre strutture residenziali per anziani.

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