Coronavirus, il peggio è passato
Rispetto a fine marzo morti calati del 77%

I decessi su base settimanale sono crollati anche per merito della campagna vaccinale a pieno regime e dei benefici apportati dalla stagione più mite

I decessi su base settimanale a Como rispetto al picco della terza ondata registrata tra fine marzo e inizio aprile sono calati del 77%.

I contagi rispetto a inizio marzo sono scesi del 75% in tutta la provincia, del 70% nel solo capoluogo. Le curve, anche quella dei ricoveri, sono calate in maniera netta e sono ormai ai minimi dall’inizio della terza ondata.

Da una media di 12 morti al giorno siamo scesi a meno di tre, da 320 positivi ogni ventiquattro ore negli ultimi due mesi, oggi veleggiamo attorno agli 80.

L’avvicinarsi dell’estate, per un virus stagionale come il Covid, aveva già abbattuto i dati della pandemia l’anno scorso proprio di questi tempi. Quest’anno però è in corso la campagna vaccinale, con una percentuale - 40% - confortante di comaschi oltre ai 16 anni coperti da almeno una dose, e il 14% di chi ha ricevuto entrambe le dosi.

Le vaccinazioni, comunque, non inseguono l’immunità di gregge, il virus sarà ancora presente nei mesi a venire. In particolare nella popolazione scolastica fino a 16 anni e della prima infanzia, non compresa nel target della campagna, almeno non a breve, se soltanto negli Stati Uniti si inizia ora a vaccinare la fascia tra i 12 e i 15 anni. L’importante è appunto che il flusso dei decessi s’interrompa e finalmente questo sta accadendo in Lombardia così come a Como. La prospettiva è quella di arrivare a zero decessi per giugno, con gli ospedali senza più aree Covid.

«Non è solo la bella stagione, oggi abbiamo i vaccini - commenta Gianluigi Spata, il presidente dell’Ordine dei medici di Como - Senza dimenticare i sistemi di diagnosi e cura più efficienti e rodati. I numeri adesso sono decisamente positivi, fanno ben sperare. Ma il mio ruolo da medico mi impone comunque di mandare un messaggio di prudenza. La campagna procede bene, però la copertura delle seconde dosi è ancora distante dall’avere messo in aicurezza una parte preponderante della popolazione. Senza pessimismo dico che l’attenzione non deve venire meno. Occorre ancora indossare la mascherina, e occorre ancora svolgere i tracciamenti».

C’è per esempio da lavorare ancora su quella quota non marginale di persone che non hanno aderito alla campagna vaccinale. Magari per paura. È una percentuale ridotta sopra agli ottant’anni, si tratta di circa 2mila comaschi. È ancora invece preponderante nei sessantenni, che sono diverse migliaia, cittadini ancora in pericolo che bisogna informare, convincere.

«C’è anche da guardare al lungo periodo, alle vaccinazioni che verranno - dice ancora Spata - Esaurita infatti la fase più importante della prima vaccinazione di massa occorre organizzare la fase successiva ai grandi hub. Villa Erba chiude a metà agosto, Lariofiere dall’autunno, ma poi dovremo continuare lo stesso a vaccinare. A partire da chi ha fatto il vaccino a gennaio, i sanitari e gli ospiti delle Rsa. La Napoleona e il San Martino, le prime ipotesi, sono spazi adatti. Io però spero che l’anti Covid, associato all’antinfluenzale, possa presto essere somministrato di routine dal medico di famiglia».

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