Coronavirus, il report della Regione
Il 19% dei morti non aveva patologie

Sessanta vittime del Covid-19 in provincia di Como non soffrivano di alcuna malattia pregressa - La media è più alta sia di quella regionale sia di quella nazionale. Il 27,8% aveva invece problemi cardiovascolari

Un report della Protezione civile della Lombardia aiuta a fare chiarezza - a 50 giorni dall’inizio della epidemia - sulla questione “morti di” e “morti con” il coronavirus, per quanto, numeri alla mano, il distinguo suoni sempre più complicato.

I dati - che sono aggiornati a martedì 14 aprile - ci dicono che nella nostra provincia i morti che prima di ammalarsi di polmonite stavano benissimo, cioè che non avevano mai lamentato nessuna patologia tra le tante che combinandosi con il covid-19 peggiorano così drasticamente il quadro clinico e con esso le possibilità di venirne fuori, sono addirittura il 19%, quasi uno su cinque.

Per stabilire se sia tanto o se sia poco, in un contesto in cui il significato dei numeri continua a essere sub judice (si guardi alle miriadi di interpretazione che vengono di volta in volta fornite), basti il confronto con lo stesso dato relativo alla provincia di Lecco e a quella di Bergamo, dove i morti “sani” sono stati rispettivamente pari all’8,9 e al 13% (la media regionale è del 14%). E se per Bergamo vale la regola che vuole le percentuali crescere o diminuire a seconda del denominatore (i bergamaschi hanno avuto più di 15.500 casi e, al 14 aprile, 2.780 decessi, nulla a che vedere con i nostri dati), la distanza con Lecco è più difficile da interpretare.

Sull’altro ramo del lago si sono infatti contati 338 morti, una cifra molto vicina ai 316 che il medesimo report attribuisce alla provincia di Como (tra l’altro c’è da rilevare che sono 13 in più di quelli che risultano dai rapporti dell’Ats pubblicati nella pagina accanto, uno scostamento che al momento non è stato possibile motivare).

Come spiegare che da queste parti i decessi “sani” siano così tanti? Una risposta, ribadiscono gli esperti, non c’è, in una malattia - per dirla con il pneumologo lecchese Roberto Sala - che «presenta ancora tanti aspetti non chiari».

Tra l’altro desta ancora più impressione il confronto con il dato nazionale: secondo le tabelle aggiornate dall’Istituto superiore di sanità, e tutte disponibili e consultabili direttamente al sito www.epicentro.iss.it, in un campione di 1.738 pazienti deceduti per i quali è stato possibile analizzare le cartelle cliniche, soltanto 62, cioè il 3,6% del totale presentava un numero di patologie pregresse pari a zero. Il dato è cinque volte più basso di quello comasco. Infine, per quanto attiene agli altri indicatori deducibili dal medesimo report, essi confermano, a grandi linee, che le fasce di popolazione a maggior rischio di sopravvivenza sono quelle comprese tra i 70 e i 79 anni (96 decessi, il 30,4% del totale) e tra gli 80 e gli 89 (12, il 39,9%) così come il fatto che le patologie cardiovascolari pregresse amplifichino enormemente la percentuale di rischio: il 27,8% dei pazienti che non ce l’ha fatta soffriva di patologie cardiovascolari, il 16,1% di patologie cardiovascolari metaboliche, l’11,4 presentava problemi oncologico cardiovascolari.

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