Coronavirus, medici e infermieri:
«Siamo in pochi e siamo mal protetti»

Il personale dei reparti Covid dell’ospedale: «I turni non consentono di rispettare la normativa» - Tute che si strappano, camici che fanno sudare e causano bronchiti, due infortuni per i calzari inadatti

Infermieri, assistenti e personale medico dei reparti Covid del Sant’Anna denunciano turni inadeguati ai livelli di assistenza, dispositivi di protezione come tute e maschere non idonee, scarsa d’aerazione in corsia, mancanza di test sierologici e tamponi a garanzia della sicurezza degli operatori sanitari.

La denuncia è riportata in una lettera sottoscritta dal personale infermieristico, medico e di supporto della chirurgia 3 e della medicina 3 area Covid del Sant’Anna rivolta ai coordinatori dell’ospedale e alle rappresentanze sindacali.

«La normativa prevede nell’area sub intensiva un rapporto infermiere paziente di uno a quattro ed un rapporto operatore paziente di uno a dieci per garantire un adeguato livello di assistenza. Attualmente i turni non consentono di ottemperare a ciò che viene richiesto, la totalità del personale non è adeguata».

C’è, in aggiunta, un problema di ferie quasi integre alla metà dell’anno che possono dare respiro ai sanitari.

Poi c’è il problema dei presidi di protezione. «Una tipologia di tute non è traspirante – si legge ancora nel documento - pantaloni e casacche monouso in plastica hanno taglie non idonee creando disagio con evidenti segni di strappo anche nella fase della vestizione. I sovracamici non sono traspiranti. Creano condensa rendendo la divisa abbondantemente intrisa di sudore comportando un rischio per la salute dei lavoratori, per esempio dolori articolari, bronchiti, tosse e raffreddore. Il burqa ha uno scarso confort all’indossatura, i calzari plastificati elasticizzati hanno un rischio scivolamento per la condensa interna che si forma dopo poche ore. Si segnalano due infortuni di infermiere. La maschera a conchiglia non si adatta al viso, causa prurito e irritazione».

Gli operatori sanitari chiedono una valutazione degli strumenti, per capire se i dispositivi di sicurezza sono rispettosi delle norme e se possono essere sostituiti. «Ad esempio, un dispositivo delle vie respiratorie dovrà essere sostituito quando l’operatore nota una particolare difficoltà nella respirazione. Gli occhiali di protezione invece devono essere sostituiti quando l’operatore rileva una non più perfetta nitidezza delle immagini».

Manca poi l’impianto di aerazione forzata e «di qualsiasi altra tipologia di ricambio d’aria, sia nelle stanze di degenza che nelle aree comuni». Non viene usato l’impianto di climatizzazione con un disagio anche per i pazienti. Per il personale del Sant’Anna lo stress dell’emergenza così rischia di esplodere in vere sindromi da burnout.

«Segnaliamo il mancato controllo regolare del personale tramite test sierologici e tamponi, l’unico tampone effettuato è stato ai primi di aprile a causa di una collega risultata positiva. Lo riteniamo un aspetto fondamentale lavorando a stretto contatto con pazienti Covid positivi o potenzialmente tali. Il continuo cambio del personale infermieristico e di supporto determina poi una discontinuità assistenziale per i degenti presenti in unità operativa».

La comunicazione termina con le firme e la documentazione fotografica. L’Asst Lariana, interpellata, non rilascia dichiarazioni.

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