Coronavirus: «Nessuna indicazione
su come curare le persone in casa»

Como: i medici di famiglia non hanno ricevuto specifiche linee guida per i pazienti contagiati dal virus. «Ci consultiamo, ma le scelte possono essere diverse»

I medici di famiglia non hanno ricevuto indicazioni (le cosiddette linee guida) su come curare i malati a casa. La denuncia rimbalza in queste ore da territori lombardi, succede a Milano e anche a Como.

In assenza di direttive dal Pirellone, come pure dall’Ats Insubria, i dottori di famiglia seguono la loro esperienza. Si confrontano tra di loro. Ma le terapie adottate possono essere anche molto diverse a seconda del medico. Non tutti somministrano gli stessi farmaci, fermo restando che va considerata anche l’età del paziente, la sua storia clinica ed eventuali patologie croniche.

Si visita e domicilio in casi eccezionali, gli ambulatori sono tendenzialmente chiusi. Occorre tenere monitorato il valore della saturazione e l’andamento della febbre. Alcuni medici prescrivono il classico antipiretico, ma possono servire anche antibiotici. Naturalmente i farmaci vanno assunti sempre e solo se indicati dal professionista. L’idrossiclorichina, un vecchio antimalarico che viene adottato in ospedale e di cui si parla in questi giorni, al pari del farmaco contro l’artrite reumatoide, non si trova in commercio e quasi mai arriva nelle case delle persone ammalate.

Non ci sono protocolli

Per chi avverta sintomi riconducibili al coronavirus comunque l’indicazione è quella di chiamare il proprio medico di famiglia. «Non esistono protocolli per il trattamento dei pazienti a domicilio, è vero – dice Gianluigi Spata, presidente dell’Ordine dei medici di Como – Anche io ho ricevuto da diversi colleghi alcune richieste di consulto. In teoria si possono seguire gli schemi adottati dagli ospedali. Si possono tradurre sul territorio. Ma ci sono cure e farmaci che è bene stare attenti a prescrivere, perché non sono di facile gestione a casa e possono provocare degli effetti collaterali. Per esempio per una terapia specifica sarebbe il caso di effettuare un controllo cardiologico».

«È vero, possono esserci delle diversità nei trattamenti, in questa delicata fase il nostro lavoro diventa davvero difficile - sottolinea Spata - Ma credo anche che ci siano dei motivi per questa assenza di indicazioni stringenti. Se un medico prescrive un farmaco deve essere sempre sicuro. Noi oggi possiamo monitorare al meglio le persone a casa. Sentirle spesso, valutare i parametri e fare in modo che ove serva non arrivino in ospedale in gravi condizioni». Un alto numero di pazienti sintomatici sono bloccati a casa. Sono persone magari con dei familiari nelle altre stanze della casa. Il ruolo del medico di famiglia è centrale.

Protezioni insufficienti

«Non sono arrivati protocolli dalla regione e dall’Ats Insubria – dice Giuseppe Rivolta, un altro medico comasco nel direttivo dell’Ordine – le terapie a domicilio sono varie perché non abbiamo delle linee guida confermate. I farmaci più importanti potremmo anche prescriverli, ma ci è stato detto di fare estrema attenzione. Non dobbiamo aprire gli studi, in teoria non dovremmo nemmeno gestire i pazienti più febbrili, perlomeno non fintanto che non arriveranno per tutti i dispositivi di protezione individuale».

«Mi riferisco - precisa Rivolta - a mascherine valide, non quelle chirurgiche da poco, oltre a camici usa e getta. Per il momento i materiali forniti risultano insufficienti».

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