Covid a Como, i dati reali
sono 5 volte di più di quelli ufficiali

20mila i contagiati in provincia di Como . Ma il Lario è la zona meno colpita di tutta la Lombardia

Poco più di tre comaschi su cento hanno avuto il coronavirus. È il risultato, atteso, dell’indagine di sieroprevalenza condotta da Istat e ministero della Salute dal 25 maggio al 15 luglio in 23 Comuni (oltre a Como sono Albavilla, Arosio, Barni, Bizzarrone, Cadorago, Cantù, Canzo, Carimate, Centro Valle Intelvi, Cermenate, Cernobbio, Fenegrò, Locate Varesino, Lomazzo, Mariano Comense, Menaggio, Olgiate Comasco, Ronago, San Fermo della Battaglia, Tavernerio, Turate e Valmorea). Gli esiti diffusi dall’istituto nazionale di statistica dicono che Como - come Lecco - è la provincia con la prevalenza più bassa in Lombardia e fra le più basse del Nord Italia: il 3,5% delle persone testate ha sviluppato anticorpi.

Così in Lombardia

All’altro estremo della classifica c’è un’altra città lombarda, Bergamo, con il 24% di contagi. L’altra area più colpita dopo la Bergamasca è Cremona con il 19%, mentre altre province lombarde sono distanti, sotto il 10%. Brescia ha una prevalenza dell’8%, Milano del 4%, Lecco e Como appunto sono intorno al 3,5%.

La percentuale del 3,5% si traduce in circa 20mila cittadini comaschi che hanno contratto il virus, contro i 265mila della provincia di Bergamo. È la conferma della marginalità del nostro territorio nella grande tragedia dell’epidemia lombarda, ma anche della quantità di casi che i tamponi non sono riusciti a individuare, soprattutto nelle settimane più drammatiche dell’epidemia. A ieri i contagiati ufficiali del Comasco parlavano di poco più di 4.160 contagi, quindi un dato ampiamente sottostimato, valutando gli esiti dell’indagine condotta dall’Istat e dal ministero. Addirittura i comaschi colpiti dal virus intercettati dalle autorità sanitarie sarebbero appena un quinto rispetto al dato reale complessivo.

I numeri assoluti

Complessivamente a livello regionale le persone contagiate sono state, sulla base dell’indagine di sieroprevalenza, 754mila (qui il dato ufficiale è percentualmente ancora più basso rispetto alla situazione comasca: a ieri i casi ufficiali monitorati superavamo i 96.300, un numero otto volte inferiore al reale), mentre in Italia il numero assoluto di persone venute in contatto con il Covid è di un milione e 482mila (il dato ufficiale parla di meno di 250mila contagi).

Uno dei principali veicoli di trasmissione del Covid è la famiglia. Secondo l’indagine, infatti, il 60% delle persone che hanno sviluppato gli anticorpi al virus sono entrate in contatto con il Covid attraverso i propri famigliari, l’11,6% da colleghi di lavoro, il 12,1% da pazienti.

E a proposito di quest’ultimo dato gli operatori della sanità sono stati - inevitabilmente - i più colpiti con il 5,6% di prevalenza.

Interessante anche il dato relativo alle età: il dato di sieroprevalenza più basso è riscontrabile per i bimbi da 0 a 5 anni (soltanto l’1,3%) e per gli ultra 85enni (1,8%), due segmenti di popolazione per età verosimilmente più protetti e, quindi, meno esposti durante l’epidemia.

Tornando alla suddivisione geografica dei casi di positività, l’Istat e il ministero hanno sottolineato, in questo primo studio, come il caso della Lombardia sia unico: da sola la nostra regione assorbe il 51% delle persone che hanno sviluppato anticorpi. D’altra parte in questa regione, dove è residente circa un sesto della popolazione italiana, si è concentrato il 49% dei morti per il virus e il 39% dei contagiati ufficialmente intercettati durante la pandemia. Rispetto alla graduatoria regionale della prevalenza accertata, dopo la Lombardia segue la Valle d’Aosta, con il 4%. Il Veneto è all’1,9% mentre otto Regioni, tutte del Mezzogiorno, presentano un tasso di sieroprevalenza inferiore all’1%

Infine dal report «non emergono differenze significative per quanto riguarda il genere. Uomini e donne sono stati colpiti nella stessa misura dal Sars-CoV-2 così come emerso anche da studi di altri Paesi».

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