Disco chiusa, ricorso al Tar
«Alcol, non è colpa nostra»

Il Comune ha disposto lo stop di 3 mesi dopo le indagini della questura - Tufano: «Situazioni limite non si sono più verificate, posti di lavoro a rischio»

Como

Sembrava tutto pronto per la prima domenica pomeriggio in discoteca, com’era d’abitudine anni fa. L’appuntamento “no alcol”, fissato per ieri e organizzato dalla direzione del Libe Winter Club di via Sant’Abbondio per ospitare e far ballare i ragazzini minorenni, è infatti stato cancellato. Il Comune ha giocato d’anticipo e ha ordinato la chiusura obbligatoria del locale per tre mesi. Il motivo dello stop? I risultati delle indagini portate avanti dalla questura dopo l’episodio del soccorso a quattro ragazzine trovate completamente ubriache dopo la festa di Natale, il 21 dicembre scorso.

Il provvedimento adottato deriva dalla constatazione di una responsabilità oggettiva per omesso controllo dei ragazzi all’interno del locale. La direzione ha infatti l’obbligo di accertarsi che nessun minorenne assuma sostanze alcoliche, anche se non acquistate di persona al bancone del bar. Il fatto che sia, ad esempio, un maggiorenne, a prendere un cocktail o una bottiglia e a darli a minori, non esime di fatto il locale dalla responsabilità di quanto avviene all’interno.

Dura la reazione di Antonio Tufano, responsabile pubbliche relazioni del Libe (ex Made) e consigliere comunale (gruppo misto): «Non vogliamo giudicare le valutazioni fatte dal Comune - ha dichiarato - però possiamo dire che siamo molto dispiaciuti. Dopo i fatti di dicembre ci siamo messi a disposizione per limitare gli ingressi ai minorenni e accoglierli in un altro momento della settimana, la domenica pomeriggio».

La proprietà presenterà ricorso al Tar contro l’ordinanza del Comune con l’obiettivo di ottenere la revoca del provvedimento di chiusura. «Speriamo che il ricorso venga accolto - ha detto ancora Tufano - altrimenti si corre il serio rischio della chiusura definitiva. Tre mesi di inattività significa perdite ingenti in termini economici e umani, i nostri dipendenti non potranno lavorare. In generale, sarà difficile risollevarsi dopo questa batosta. Io sono già in cerca di un’altra location per dare la possibilità anche ai più giovani, nel rispetto delle regole, di ritrovarsi in un ambiente sicuro, di ascoltare musica e stare insieme».

La parola, una volta presentato il ricorso, passerà al Tar della Lombardia, chiamato a valutare se la sospensione decisa dall’amministrazione comunale è idonea ai requisiti di legge e se è necessaria alla luce dei risultati investigativi. In caso negativo, annullerà il provvedimento e revocherà la misura.

© RIPRODUZIONE RISERVATA