Fisco, nuove accuse dagli interrogatori
«Le mazzette? Pagavo da 10 anni»

Episodi inediti di corruzione nei resoconti di tre dei commercialisti coinvolti nello scandalo - Al centro ancora lo stesso funzionario delle Entrate di via Cavallotti

Como

I dettagli di nuovi episodi di sospetta corruzione sono emersi nel corso dell’interrogatorio di garanzia di Roberto Colombo, 61 anni, il pubblico funzionario in carcere dallo scorso martedì 19 maggio con l’accusa di essere uno dei protagonisti della lunga stagione di malaffare che ebbe quale epicentro la sede comasca dell’Agenzia delle entrate.

Davanti al gip Maria Luisa Lo Gatto, Colombo avrebbe ammesso tutti gli episodi contenuti nel fascicolo della Procura – che sono poi, nella quasi loro totalità, i medesimi episodi che lo stesso funzionario aveva incautamente annotato su una sorta di piccolo “libro mastro” della sua impresa, completo di nomi, cognomi e oboli -, aggiungendone un altro, inedito, che vedrebbe coinvolto il commercialista di Appiano Gentile Franco Luraschi.

Lo spirito di collaborazione, che pure il gip gli ha riconosciuto, non è valso a Colombo l’ottenimento di una attenuazione della misura di custodia, così come chiesto dal suo avvocato Davide Giudici. Il funzionario dell’Agenzia delle entrate resterà al Bassone ancora per un po’, anche perché nel frattempo i coindagati Gabriella Terenghi e Raffaele La Gamba (entrambi commercialisti, entrambi agli arresti domiciliari) assieme allo stesso Luraschi, gli avrebbero attribuito diversi nuovi episodi. Luraschi sostiene addirittura di essersi rivolto a Colombo almeno due, tre volte all’anno nell’ultimo decennio e sempre per pratiche poi ricompensate con la somma di 400 euro circa, e così gli altri due: Gabriella Terenghi avrebbe fatto riferimento ad altri tre, quattro episodi corruttivi ricompensati con somme analoghe, La Gamba ne avrebbe riportati tre, parlando di cifre variabili tra i due e i trecento euro a pratica.

E però quella che è emersa non è soltanto una più estesa applicazione di un malcostume che sembrava già sufficientemente diffuso stanti gli episodi contenuti nell’ordinanza di custodia: motivando il suo diniego alla richiesta di arresti domiciliari, il giudice ha rilevato anche una «disarmante mancanza di percezione del disvalore delle condotte contestate», che di fatto Colombo avrebbe ammesso «nella loro obiettività senza averne realmente compreso la gravità». Per non dire di tutto quel che verrà, auspicabilmente. E cioè della identificazione di eventuali, ulteriori soggetti coinvolti, a partire dai clienti degli studi professionali, primi beneficiari degli accordi presi sotto banco, il cui ruolo non si è chiarito, almeno non fino a questo momento, per arrivare fino ad altri professionisti cui la Procura fa cenno nelle sue carte, laddove prospetta - sulla base delle dichiarazioni rese da alcuni dei protagonisti della prima tranche di indagine, quella culminata negli arresti del giugno scorso - l’eventualità che le mazzette siano di più, di più gli atti aggiustati a pagamento, e che tra essi vi siano anche bozze di atti notarili.

Fu del resto l’ex direttore dell’Agenzia Roberto Leoni (nel frattempo uscito dalla mischia con un patteggiamento a quattro anni) a rivelare al pm Pasquale Addesso che gli accertamenti patrimoniali svolti d’ufficio e per legge sui “suoi” funzionari evidenziarono una capacità di investimento mobiliare e immobiliare, da parte di Colombo, non proporzionata al suo reddito.

Da segnalare infine, che due richieste di scarcerazione il gip ha rigettato anche per i commercialisti Simona Secchi, che si trova al Bassone, e Dino Leoni, che rimarrà pertanto agli arresti domiciliari.

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