Giuseppe Guzzetti e il Quirinale
«L’uomo giusto? È Mario Draghi»

L’ex presidente della Regione Lombardia: «Il presidente del Consiglio è garante di fronte all’Europa» - Guzzetti fu grande elettore nel ’92: «Diedi una mano a non far salire al Colle Spadolini»

«C’è un solo nome. Un solo profilo adatto a garantire l’Italia agli occhi dell’Europa e del mondo. Mario Draghi . Un mese fa ho detto che sarebbe dovuto restare a Palazzo Chigi, ma ho cambiato idea: perché senza un presidente che lo sostenga, o in un clima politico invelenito dalla campagna elettorale, Draghi non resterebbe lì un minuto».

Giuseppe Guzzetti è il politico comasco più longevo - quarant’anni nella Dc, otto nel Partito popolare, nel Pd dall’anno scorso, per otto anni a capo della Regione Lombardia, poi sette in Senato e 22 alla presidenza di Fondazione Cariplo - ma è stato grande elettore una volta sola, nel ’92, quando fu eletto Oscar Luigi Scalfaro .

«Le altre volte ero presidente della Regione Lombardia, e la prassi era che andassero a Roma i capigruppo della Dc, del Pci e del Psi», spiega.

Quell’unica esperienza da grande elettore, però, se la ricorda molto bene, perché, dice, «credo di aver dato una mano affinché non venisse eletto presidente Giovanni Spadolini , come i dirigenti della Dc volevano». Guzzetti non gli aveva perdonato l’atto di sfiducia nei confronti dei suoi quando, all’ennesima votazione per la presidenza del Senato, Spadolini aveva chiesto i voti al Movimento sociale perché temeva la fronda. «Io, che fin lì l’avevo votato come deciso dal partito, in seguito mi astenni. E quando dopo la strage di Capaci fu necessario compattarsi per eleggere subito un presidente e uscì anche il nome di Spadolini, nel corso di una riunione dissi a De Mita che i senatori della Dc non l’avrebbero mai votato».

Allora forse bastava un gesto di scortesia politica e istituzionale per giocarsi la massima carica dello Stato, e oggi?

«Questa elezione dimostrano che, dopo 30 anni, siamo all’epilogo della crisi delle istituzioni, dei partiti, della politica. C’è un distacco drammatico tra la politica e gli elettori, la metà dei quali non va più a votare. Alle elezioni suppletive per il seggio del sindaco di Roma ha votato il 19%. Lo scenario dei partiti che non riescono a trovare un punto di intesa facendo prevalere l’interesse nazionale è la rappresentazione plastica di quanto siano distanti i partiti dal Paese».

La strada, dice Guzzetti, è una sola: «Lasciando stare Mattarella, grandissimo presidente che giustamente non è disponibile a un bis a tempo determinato che servirebbe solo a far prendere tempo ai partiti; e a parte Berlusconi che finalmente si è tolto di mezzo e nemmeno avrebbe dovuto mettercisi, l’unico è Draghi. Ha rappresentato in questi undici mesi l’uomo che ha garantito per l’Italia davanti all’Europa. Lo spread infatti era sceso a 100 punti base, anche se negli ultimi due mesi - guarda caso quando i partiti si sono rimessi a fare le bizze per piazzare le loro richieste nella legge di Bilancio - è risalito».

«Dopo anni in cui l’Europa - diciamolo - ha fatto gli interessi della Germania, finalmente c’è stato un gesto importante di solidarietà, con l’erogazione di un’imponente quantità di denaro all’Italia. Ma il Pnrr va attuato e gestito, e l’unico che può darci le garanzie necessarie è Draghi».

Il rischio, spiega Guzzetti, è che «se eleggono un presidente che non tutela il Governo perdiamo in una volta sola presidente della Repubblica e presidente del Consiglio. Possiamo permettercelo? E possiamo permetterci mesi di campagna elettorale in cui ciascun partito anteporrà i propri interessi a quelli del Paese? Il pericolo vero è che gli investitori scappino, e nessuno compri più Bot e Cct. Tutto il resto sono chiacchiere. La soluzione è una sola: un accordo di larghe intese con l’opposizione, un patto di fine legislatura. E Draghi che continui a rappresentare l’Italia nei confronti dell’Europa e del mondo».

Barbara Faverio

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