Il film su Cuba candidato all’Oscar
È la storia di un prof dell’Insubria

La vicenda di Manuel Barriuso, docente di spagnolo a Como, raccontata al cinema. “The Special Period” ambientato negli anni ’80, quando Fidel Castro ospitò i bimbi di Chernobyl

Una vicenda personale, vissuta trent’anni, fa è diventata un film in corsa per l’Oscar. Il protagonista è Manuel Barriuso, oggi docente di spagnolo dell’Insubria. I narratori sono i figli Rorigo e Sebastiàn. Il risultato è “Un traductor”, in questi giorni in concorso al “Tertio Millenio film festival”.

«I figli mi hanno fatto un regalo – spiega Manuel – anche se, quando mi hanno chiamato, chiedendo se potessi mettere per iscritto la mia storia, è stato molto difficile perché l’avevo sepolta per il male che mi aveva fatto. Sono felice, però, d’aver contribuito alla realizzazione di quest’opera».

Il concorso

Presentata al “Sundance film festival”, è la storia di un professore di letteratura russa (cioè Manuel, il padre dei registi) che nel 1989 si ritrovò costretto a fare da traduttore per i bambini di Chernobyl ricoverati a L’Avana. La narrazione si dipana nella Cuba della fine degli anni Ottanta, quando la cortina di ferro si stava disfacendo, il muro di Berlino cadeva sotto i picconi dei manifestanti e la repubblica cubana di Fidel Castro viveva un atto di grande generosità e, al contempo, una crisi profonda, nota come “The Special Period”. Il film è principalmente basato sulle memorie di Barriuso: la maggior parte dei personaggi e degli eventi che si svolgono in ospedale sono stati ispirati dai suoi resoconti. È la pellicola cubana scelta per provare a vincere la statuetta.

«È stato un periodo parecchio complicato, per un sacco di ragioni – aggiunge Barriuso – la vicenda si è verificata nel 1988, ma i miei figli hanno deciso di collocarla nel 1989, poco prima del crollo del muro: mentre il sistema socialista si sgretolava in Europa, Cuba resisteva, travolta però da problemi economici enormi. Era una grande sofferenza: nel Paese non c’era più benzina e si faceva fatica a mettere insieme il pranzo con la cena.

Inoltre, avevano chiuso all’improvviso il corso in cui insegnavo ed ero stato convocato in ospedale per fare il traduttore ai bambini di Chernobyl malati venuti a curarsi. Passavo lunghe notti in reparto». L’esperienza metterà in crisi il suo rapporto con la moglie, con il figlio piccolo e con il suo Paese.

Il presente

Il professore oggi insegna a Como e vive fra la nostra città e Varese.

«Come sono finito qui? Come ogni migrante, non stavo bene nel mio paese d’origine: tutto era fermo ma io volevo andare avanti – racconta – quindi, mi sono trasferito in Italia grazie a un permesso di soggiorno e lavoro. Ho fatto tutto in regola». Con sé aveva il curriculum in cui erano segnati i ventidue anni d’insegnamento all’università de L’Avana: «Così, all’inizio, trovai un contratto alla Statale di Milano come docente in cultura dei paesi spagnoli. Qualche anno dopo, a Como si era attivato all’Insubria il corso di Mediazione: nel 2007 mi chiesero se volevo insegnare e risposi subito di sì. A Milano terminai il contratto, mentre a Como continuo ancora oggi». Il film è il candidato cubano all’Oscar come miglior film straniero: «L’ho visto a L’Avana – conclude Barriuso – così sono stato vicino ai miei figli e all’attore che interpreta la mia parte, Rodrigo Santoro, con cui ho lavorato molto affinché riuscisse a entrare al meglio nella parte. Poi, mi sono recato anche al “Sundance” per una sorta di “prima” internazionale».n 

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