«Il Pronto soccorso come a inizio marzo
Non venite solo perché avete la febbre»

Valduce, la dottoressa: «La sensazione è che la seconda ondata vera stia per arrivare». Rispetto ai primi giorni della pandemia si è abbassata l’età dei pazienti con le polmoniti

«Da mercoledì sono ricominciati ad arrivare anche da noi, in pronto soccorso, pazienti con polmoniti da Covid. Sembra di essere tornati agli inizi di marzo. E la sensazione è che la seconda ondata vera e propria stia per arrivare».

Più del numero dei nuovi contagi (legati alla quantità di test fatti, quindi estremamente variabile) il reale polso della situazione è proprio qui, nel reparti d’emergenza degli ospedali comaschi. Al Sant’Anna, hub Covid individuato dalla Regione, ormai da qualche settimana sono tornati i pazienti positivi. Ma quando l’ondata inizia a investire anche gli altri ospedali, è allora che si capisce che la situazione sta diventando molto seria.

L’ultima settimana

La conferma arriva dalla dottoressa Anna Natalizi, direttore dell’unità di Osservazione breve intensiva del pronto soccorso del Valduce.

«Da una settimana siamo pieni - racconta - Il pronto soccorso è superaffollato. Nei primi giorni la causa principale era legata al fatto che i tamponi per il Covid, che inviamo al Niguarda, se nelle settimane precedenti tornavano dopo 24 ore, ora ci mettono anche 50 ore perché Milano sta scoppiando. E questo causa una permanenza decisamente più lunga dei pazienti in attesa di ricovero in pronto soccorso. Ma negli ultimi giorni stiamo tornando a vedere malati Covid con le polmoniti».

Sembra un brutto dejavu, che riporta le lancette dell’orologio ai primi di marzo: all’epoca è bastata una settimana per far precipitare la situazione. Dai primi casi al caos è stato un attimo. E il timore è che, anche se in modo differente, la scena possa ripetersi.

Pazienti più giovani

«Ci stiamo ovviamente attrezzando per un maggiore afflusso - prosegue la dottoressa - L’ospedale è riuscito a trovare nuovi spazi, così da rendere più agevole la divisione tra il pronto soccorso ordinario e quello dedicato ai casi Covid. Inoltre stanno cercando di risolvere anche i problemi dei tempi d’attesa lunghi per i tamponi con la diagnostica molecolare rapida».

Una differenza, rispetto allo scorso inverno, c’è: «L’età dei pazienti è più bassa. Negli ultimi giorni ho visto tanti giovani con polmoniti da Covid. Pazienti che fortunatamente respiravano in modo autonomo» eppure con una tac (e tampone) positiva. Come già avvenuto a marzo, è allo studio l’arrivo di rinforzi da altri reparti: «Su questo l’ospedale ci segue e ci supporta».

Altra differenza rispetto a marzo, le sale d’aspetto piene. Se quando è scoppiata la pandemia quasi nessuno si presentava in pronto soccorso autonomamente, ora la musica è cambiata: «Assistiamo a tantissimi accessi di persone che denunciano febbre da uno o due giorni, ma sostanzialmente in buona salute. Persone che vengono da noi perché hanno paura. Ci tengo a dire - lancia un appello la dottoressa Natalizi - che non solo non ha alcun senso presentarsi in pronto soccorso dopo pochi giorni di febbre: innanzitutto perché eventuali complicanze si presentano successivamente e non esistono farmaci per prevenirle o evitarle, ma solo per affrontarle, e poi perché chi magari ha febbre ma non ha il Covid nella sala d’aspetto dedicata ai casi sospetti rischia di contrarlo». Il messaggio, insomma, è chiaro: «Non bisogna intasare il pronto soccorso con pazienti che starebbero meglio a casa loro. Vale l’indicazione di marzo: nel caso chiamare il medico di famiglia o, nei casi più seri, il 118».

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